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lunedì, Marzo 3, 2025
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La White House tra galateo e canzoni d’epoca

In Giappone l'omotenashi è un’accoglienza che mira a che l’ospite si senta circondato di premure e rispetto. Alla Casa Bianca sono invece volate le carte e gli stracci, quasi si veniva alle mani.

Presagendo il futuro, nel 1968 Marisa Sannia cantava una canzone che tutti ricordano e il cui incipt è: “C’è una casa bianca che, Che mai più io scorderò, Mi rimane dentro il cuore, Con la mia gioventù…….di dolor mi fa tremar…”.

E’ forse il ritornello che Zelensky si porterà in memoria per il resto della sua vita. E’ andato da ospite alla White House e non è stato propriamente trattato con i guanti bianchi.

Nelle lingue romanze singolarmente l’ospite assume il doppio significato di colui che accoglie e dell’accolto. Il termine è suggestivo ed impegnativo. Nella sua radice latina richiama probabilmente l’hostis, cioè lo straniero, il forestiero, il pellegrino. Per Trump si è tradotta più essenzialmente in una presenza ostile, qualcosa di molesto da liquidare quanto prima possibile, un fastidioso ostacolo che si infrappone ai suoi disegni.

Ne è venuto fuori il tradimento di ogni galateo istituzionale, un turpiloquio di modi e di atteggiamenti che ha lasciato il mondo di stucco, qualcosa di simile ai bisticci all’interno della casa del Grande Fratello. In politica parlare con franchezza può essere certamente una qualità, essere brutali è la faccia della medaglia da non doversi mai mostrare.

Esigere dei ringraziamenti, per il sostegno dato in armi fino ad oggi, suona di gesto di generosità che pretende un suo avvilente riconoscimento, sminuendone per l’intero il valore dell’iniziativa. Si è trattato qualcosa di assai più di uno screzio, di uno screpolarsi dei rapporti, di uno scoppiettio di vedute inconciliabili. Trump ha più volte ribadito a Zelensky che non ha le carte per giocare la partita e che deve accettare la realtà dei fatti e dei possibili compromessi.

Al commento del Presidente dell’Ucraina che ricordava gli aiuti ricevuti da Biden, Trump ha detto che il vecchio Joe era un imbecille e che adesso cominciava una nuova storia.

Vance ha detto con delicatezza che Zelensky ha fatto perdere solo del tempo con un sottotitolo di denaro per chi sa leggere i fatti come si deve. Per il tono usato è sembrato una sfida di carte all’O.K. Corral. Sono state messe le carte in tavola senza la delicatezza che si deve alla persona che si riceve nelle proprie mura domestiche.

Sembra essere stati davanti al sequel del film di Wenders “L’amico amerikano” dove i due protagonisti si ritrovano nel mezzo di una vicenda torbida, ciò malgrado stringendo amicizia. Ora il nemico amerikano la fa da padrone e difficilmente ci saranno terze puntate a registrare motivi di intesa e di complicità.

“Messico e nuvole, la faccia triste dell’America, che voglia di piangere ho” urlava Iannacci e oggi potrebbe farlo anche Zelensky. Il comico di piccolo cabotaggio, pur con i suoi limiti, potrà finalmente competere con il ragazzo del film “Incompreso” dove solo in ritardo un padre comprenderà i torti perpetuati ai danni del figlio morente.

Si dovrebbe forse riprendere la lezione dal galateo giapponese. L’omotenashi è una accoglienza che mira a che l’ospite si senta circondato di premure e di rispetto, al punto che possa ricordare per sempre questa sua esperienza di vita.  All’ospite va dedicata ogni attenzione e cura, evitando ogni invadenza, prevedendo i suoi bisogni e necessità, mai ferendone la sensibilità. Alla Casa Bianca sono invece volate le carte e gli stracci e poco ci mancava anche i tavolini, quasi si veniva alle mani.

Il cartaro in genere è un professionista del mestiere che ha il compito di distribuire le carte e l’assegnazione dei piatti, oltre che a fare da arbitro in caso di contesa tra i giocatori.

Trump, da iniziale cartaro, è diventato invece d’un tratto contendente, peggio ancora ha fatto da “mazziere”, ha gestito il mazzo delle proposte del “prendere o lasciare” ed ha picchiato duro contro ogni forma di riguardo per l’invitato.

Solo di striscio, ma in versione negativa, richiama la trama del film “L’ospite inatteso” dove il protagonista torna nella sua abitazione e la trova occupata da immigrati. Da qui ne nascerà un legame. Trump è tornato al comando degli U.S.A. ed ha incrociato nella sua casa un ospite dagli inattesi convincimenti e lo ha mandato via in malo modo.

E’ questo un mondo che non conosce più educazione che era l’arte per i latini di trarre fuori da un individuo il suo meglio. Si va più sollecitamente per mettere in campo il proprio peggio. Nulla a che vedere con il rispetto delle regole dell’epico scontro al mondiale di scacchi di Bobby Fischer contro Boris Spassky dove, al termine della partita, non esitavano a stringersi cavallerescamente la mano.

Se è vero che oggi la cittadinanza americana può essere concessa a super ricchi in grado di pagarsela, una sorta di “gold card” a partire dai 5 milioni di dollari in su, alla corte degli U.S.A. sono oggi più considerati quelli che portano moneta sonante e non chi va a spendersi in chiacchiere e ragionamenti. Trump non canterà più alle orecchie di Zelensky il motivo che recita: “Vieni, c’è una casa nel bosco, io quel nome conosco. Vuoi conoscerlo tu?”.

In ultimo, lesto di commenti, un compiaciuto, Medvedev ha dato del pagliaccio cocainomane a Zelensky dicendo che il lurido porco è stato finalmente schiaffeggiato. Nulla da stupirsi.  Milei, il presidente dell’Argentina, ha ripristinato appellativi come “idiota”, “ritardato” e “imbecille” per definire persone disabili. Il mondo va verso un triste parlar chiaro. Se questa è la situazione, ci resta poco da educere.