Giuseppe Davicino
Il 4 e 5 aprile scorsi la provincia sudafricana di Mpumalanga che in lingua Zulu significa “il luogo dove sorge il Sole”, ha ospitato il primo Brics roadshow della presidenza annuale del Sud Africa in vista del XV Vertice dei Brics che si terrà dal 22 al 24 agosto prossimo a Johannesburg sul tema: “BRICS e Africa: Partenariato per una crescita mutuamente accelerata, uno sviluppo sostenibile e un multilateralismo inclusivo”. Si tratta del primo di una serie di eventi che coinvolgeranno diverse province dell’immenso territorio del Sud Africa, grande quattro volte l’Italia, nei quali il Paese africano presenta alle delegazioni degli altri Paesi Brics delle opportunità commerciali e di investimento, che spaziano dallo sviluppo delle infrastrutture, all’agricoltura, alle miniere, all’energia, al turismo.
Come si vede, i Brics accanto alla diplomazia di vertice, hanno saputo radicarsi nel tessuto sociale, economico e culturale dei popoli che li compongono. Nel 2023, complice anche la presidenza annuale di turno del Sud Africa, l’iniziativa dei Brics ha il suo punto focale proprio sull’Africa.
Un continente del quale in Europa si parla più per il fenomeno dell’immigrazione che per le sue enormi potenzialità di futuro legate alla demografia, all’affrancamento dai legami post-coloniali, all’energia e ai materiali rari di cui è ricchissima, al suo crescente ruolo nello scacchiere internazionale. La sfida per l’Italia, e per l’Europa, consiste nel mettersi sulla stessa lunghezza d’onda dei popoli africani per poter essere competitiva e cooperativa con la strategia dei Brics per questo continente e, più in generale, saper ascoltare e interpretare politicamente nel nostro sistema di alleanze occidentali, le istanze di riforma dei meccanismi di governance internazionale che provengono dal Coordinamento dei Brics e da una rilevante fascia di Paesi che hanno manifestato la volontà di aderire a questa organizzazione internazionale, come i mediterranei Turchia, Egitto e Algeria e altri come Iran, Arabia Saudita, Indonesia, Argentina.
I Brics rappresentano oggi il 42% della popolazione mondiale, il 30% della superficie mondiale, il 23% del pil e il 18% del commercio mondiale. Nati nel 2009 come BRIC, Brasile, Russia, India e Cina, l’anno successivo fu ammesso il Sudafrica. E da allora, come ha evidenziato il prof.Marco Ricceri, Coordinatore del Laboratorio BRICS dell’Eurispes, alla conferenza internazionale su “La crescita dell’Asia” tenutasi a Le Havre nel febbraio scorso, non ha conosciuto soste la volontà di cooperazione interna ed esterna di questi Paesi in una logica di reciproco vantaggio, win-win, e di rispetto delle profonde diversità intercorrenti fra i Paesi membri. Una cooperazione interna che sembra aver ricevuto un’accelerazione anche dall’accentuarsi dell’instabilità internazionale e dai conflitti armati in corso, che hanno contribuito a intaccare il clima di fiducia sia nell’ambito delle relazioni internazionali che in quello economico. Ciò ha dato una spinta ulteriore ai progetti dei Brics in ambito finanziario e monetario, dopo che avevano già costituito nel 2014 la loro Nuova Banca di Sviluppo, a fronte di un processo di de-dollarizzazione delle transazioni internazionali che sembra essere inarrestabile. Al fondo, e al di là dei contrasti in corso, nella comunità internazionale si impone con urgenza la questione della modifica dell’ordine globale per renderlo più rappresentativo della mutata realtà demografica, economica, politica del XXI secolo. Un processo di riforma che sembra avere nell’Africa il suo principale banco di prova.
L’Italia sia per gli storici legami con l’Africa Settentrionale, sia per uno stile, quello di Enrico Mattei, improntato alla giustizia e alla pari dignità nelle relazioni con i Paesi africani, adottato sin dalla seconda metà del secolo scorso, può esercitare un prezioso ruolo di ponte e di incontro tra le nuove istanze di giustizia, di sviluppo e di ruolo internazionale dell’Africa e le diverse strategie sviluppate dai Brics e dall’Occidente verso quel continente. Sapendo che ne va non solo del futuro dell’Africa ma anche del futuro e dello sviluppo dell’Italia e dell’Europa.