16.1 C
Roma
sabato, Marzo 15, 2025
Home GiornaleL’ammucchiata non è un progetto, ma piuttosto la negazione della politica.

L’ammucchiata non è un progetto, ma piuttosto la negazione della politica.

La stagione occhettiana si scagliava contro un nemico implacabile che esisteva - e cioè Berlusconi e il berlusconismo - mentre adesso l’odio viene indirizzato contro un nemico che semplicemente non esiste ovvero la deriva fascista.

Dunque, la sinistra – e giustamente – sta costruendo lentamente l’alternativa politica e di governo al centro destra. E sin qui siamo nella piena, e del tutto scontata, normalità democratica. Del resto, una seria e credibile democrazia dell’alternanza vive all’insegna di programmi che si confrontano e che, di norma, sono alternativi tra di loro.

Ora, e nello specifico, si tratta di capire se l’alleanza tra la sinistra radicale e massimalista della Schlein, la sinistra populista e demagogica di Conte e la sinistra fondamentalista ed estremista del trio Fratoianni/Bonelli/Salis – a cui si aggiunge Renzi ma solo per salvaguardare una manciata di futuri parlamentari per sé e i suoi cari – è un progetto politico o una semplice e banale ammucchiata elettorale. E per saperlo è una operazione persin troppo facile. È sufficiente registrare le parole d’ordine di questa futura alleanza/ammucchiata politica ed elettorale per rendersene conto. E quindi, ricordando solo i titoli principali: alleanza antifascista, contro la deriva illiberale, contro la torsione autoritaria, a difesa della libertà di espressione e di tutte le libertà democratiche, contro quelli che violano sistematicamente la Costituzione, contro il regime dispotico e, dulcis in fundo, contro la minaccia fascista e antidemocratica rappresentata, come ovvio e persin scontato, dall’attuale centro destra.

Alla luce di questo programma politico e di governo – strombazzato e appoggiato quotidianamente da tutto il caravanserraglio mediatico dei soliti noti sui quotidiani “amici” e i vari conduttori dei soliti talk televisivi – c’è un elemento fondamentale che non può non essere rilevato. E cioè, non si tratta di un’alleanza politica, di un programma di governo o di una coalizione tra partiti e movimenti che hanno un comune progetto ma, molto più semplicemente, di una riedizione – e anche non molto aggiornata – del Cln. Un Cln in miniatura che, però, – e questo è il punto centrale – viene ricostruito in una fase storica dove l’imminente arrivo del regime fascista non è ancora all’ordine del giorno. Almeno così la pensano tutti quelli che non sono accecati dall’ideologia e da un odio implacabile nei confronti del nemico politico. Che, secondo la miglior vulgata della vecchia ed antica cultura comunista e di tutto il culturame della sinistra extraparlamentare, predica prima l’annientamento e poi la distruzione sistematica del nemico.

Su questo versante non possiamo non dire che c’è anche una pericolosa regressione rispetto alla strategia e alla tattica messa in campo dalla “gioiosa macchina da guerra” di occhettiana memoria nel 1994. Anche perché, se non altro, in quella stagione il cartello improvvisato delle sinistre aveva un progetto. Ovviamente sempre e solo “contro”. Ma in quella occasione si scagliava perlomeno contro un nemico implacabile che esisteva concretamente – e cioè Berlusconi e il berlusconismo – mentre adesso, com’è evidente a tutti, l’odio viene indirizzato contro un nemico che semplicemente non esiste. Ovvero l’intramontabile e sempre presente deriva fascista.

Ecco perché, se si vuol rilanciare le ragioni nobili e serie della politica, anche il cartello delle varie sinistre dovrà ricalibrare il suo progetto politico e di governo. Perché predicare a colazione e a cena l’antifascismo e combattere la dittatura e il regime illiberale va benissimo. Ad una sola condizione, e cioè che questi rischi, oggi, nella società italiana esistano davvero. Perché altrimenti dovremmo prendere atto amaramente che pur di vincere le elezioni si recupera il peggior armamentario della politica italiana. E sarebbe una brutta, bruttissima pagina per futuro della nostra democrazia e la credibilità delle nostre istituzioni.