L’autonomia di Salvini e Meloni abbandona il Meridione a se stesso

Lo scontro è ormai a livello costituzionale, soprattutto per la difesa della prima parte della Carta, laddove si parla dei diritti uguali per tutti. Occorre guardare già alla prova del referendum confermativo.

Mentre l’istat certifica che in dieci anni il Sud ha perduto quasi un milione di abitanti, con soave sollecitudine il governo di destra-centro salta a piè pari, come nel caso del salario minimo, chi sta peggio: non cura il fatto che questa è la causa prima del massiccio abbandono. Come se non occorresse porre rimedio alle disuguaglianze, le autonomie differenziate continuano per la distribuzione delle risorse a fare riferimento alla spesa storica, a prescindere dai dislivelli da colmare, finendo di scavare più a fondo il fosso tra le regioni più forti, quelle del nord, e quelle più deboli del sud. 

E pensare che la storia non manca di scelte esemplari come quella della riunificazione tedesca, per la quale la Germania federale si fece carico nel bilancio nazionale pluriennale di ridurre il disavanzo tra est ed ovest perché ne andava la faccia della nuova nazione unita davanti al mondo intero. Era la prova di una vera solidarietà rispetto alle disuguaglianze storiche, frutto della differenza profonda tra il regime democratico occidentale e quello autoritario orientale. Non parliamo, poi, della solidarietà riaffermata in occasione dell’esplosione del fenomeno dell’immigrazione quando la Signora Merkel, resistendo alle contestazioni della destra, si fece carico non solo di finanziare l’accoglienza presso altri paesi intermedi quanto di aprire le porte a un milione di immigrati sul proprio territorio. Una politica lungimirante, senza dubbio, perché finalizzata a gestire il problema della crescente denatalità e, al tempo stesso, le richieste di manodopera provenienti dal mondo produttivo. 

Invece dobbiamo registrare gli imperdonabili ritardi di un Paese come il nostro. In maniera degenerativa si ritorna infatti agli obiettivi scissionistici del primo Bossi, con uno scellerato patto a tre della maggioranza che vede Fratelli d’Italia accedere alle autonomie differenziate ed ad alcune proposte di bavaglio giudiziario di Forza Italia in cambio dall’approvazione del premierato, non a caso dichiarata dalla Meloni “la battaglia delle battaglie”: un fac-simile delle democrature in giro per il mondo, con uno solo uomo al comando! 

È dunque messa in forse la stessa unità politica del Paese, almeno sotto due aspettiL’autonomia di Salvini e Meloni abbandona il Meridione a se stesso essenziali: in primo luogo, perché elude l’esigenza di riequilibrio che si pone in nome del rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini della Repubblica, con ciò adombrando l’impugnativa di incostituziolità; in secondo luogo, perché costituisce un attentato all’unità del Paese con il prevalere delle rappresentanze delle aree forti su quelle più deboli. Un esempio luminoso da imitare è dato dagli USA, dove, per non creare discriminazioni, si prevede che ogni Stato abbia diritto a due rappresentanti eletti in Senato, quale che sia la popolazione. 

Lo scontro è ormai a livello costituzionale, soprattutto per la difesa della prima parte della Carta, laddove si parla dei diritti uguali per tutti. In ogni caso, occorre la maggioranza dei due terzi per superare l’ostacolo del referendum confermativo. Meloni fa i conti senza l’oste, il convitato di pietra contro cui andrà a sbattere è la forza degli italiani che si riconoscono nei valori iscritti nella Costituzione.