E’ davvero importante visitare le case dove abitarono gli scrittori? Non è solo questione di scoprire i dettagli della loro vita, vicini al gossip – quant’era alto Verga? D’Annunzio fumava?– ma il fatto è che “le case possiedoo un’ineguagliabile capacità narrativa…abitare è un modo di esprimersi, e osservare da vicino la scrivania di Manzoni può offrire la sensazione dell’autentico, un contatto col genio creatore più intenso i qualunque saggio o biografia”.
Questo è quanto leggiamo nell’insolito libro di Mauro Novelli, che insegna alla Statale di Milano: La finestra di Leopardi. Viaggio nelle case dei grandi scrittori italiani (Feltrinelli, pp. 204, euro 18). Da umili case contadine a ville e palazzi nobiliari scorrono davanti ai nostri occhi le dimore di Petrarca, Manzoni, Pavese, Fenoglio, Leopardi, D’Annunzio, Tasso, Carducci, Pasoli, Quasimodo, Pirandello, Deledda, Pasolini e tanti altri.
Il volume, un po’ saggio, un po’ reportage e un po’ racconto personl, è corredato da foto a colori. C’è pure la stanza da letto di Silvia, e la finestra da lui lei vedeva la casa di Leopardi. Ma prendiamo la Roma di Pirandello e Moravia. Il primo non amava la città bizantina dei levrieri e dei salotti eleganti, né quella tumultuosa e maneggiona del trasformismo parlamentare: nel suo modesto studio, zona via Nomentana, si conserva la modesta scrivania su cui aveva scritto i capolavori per il palcoscenico. Nessun posa, nessuna ricercatezza.
Agli antipodi di D’Annunzio e del Vittoriale. E invece fedele a una idea borghese di decoro. Così Moravia, il cui appartamento al Lungotevere elle Vittorie trasud una normalità benestante: stanze luminose all’ultimo piano di uno stabile senza fronzoli, , mobili funzionali, e un bel terrazzo che sembra la prua di una nave. E ove l’ambiente più spoglio è proprio lo studio: sopra una ingegnosa scrivania a incastri è posata una macchina da scrivere, su cui scriveva con sole due dita rapidissimo.