Le elezioni europee s’annunciano disastrose al centro e a sinistra

Dunque, da metà giugno qualcuno dovrà sparigliare per costruire una proposta nuova, che ponga i gruppi dirigenti di cui qui abbiamo parlato innanzi alle loro responsabilità e che sappia oltrepassarli.

Diciamola così: ormai la campagna elettorale europea (al solito giocata solo sulla politica-politicante nazionale e non sui temi dell’Unione, nonostante sia evidente quanto essi siano ormai prioritari e decisivi a fronte della difficilissima situazione internazionale) è avviata in tutta la sua violenza propagandistica ed è pertanto impossibile – da qui a giugno – impostare un qualsiasi ragionamento politico serio e orientato al futuro.

Parlando del centro-sinistra, che è il settore che mi interessa, gli errori clamorosi commessi da tutti i suoi possibili interpreti hanno reso impossibile un accordo che sapesse delineare una prospettiva capace di alimentare politicamente e culturalmente la costruzione di una alternativa reale e credibile all’attuale maggioranza di governo.

E dunque si tratta di attendere pazientemente il trascorrere del tempo senza farsi intontire dalle risse parolaie che i talk show televisivi ci propineranno nelle prossime settimane. Anzi, al contrario, lavorando di cervello per avviare la nuova fase, che inevitabilmente dovrà aprirsi dopo le elezioni europee.

Ciò detto, la base di partenza del ragionamento è chiara da tempo, ma in questi giorni è divenuta visibile anche a quanti si sono illusi immaginandosi scenari politici fallaci e intrinsecamente sbagliati.

Il Pd ha radicalizzato la propria immagine, prima ancora che la propria politica, perdendo così in buona misura credibilità presso una larga fascia di cittadini che pure avevano dato credito alla sua promessa riformatrice. Ha creduto di poter competere con la Destra ipotizzando una mera sommatoria elettorale con un movimento populista che il suo nuovo capo sta trasformando in un partito personale – secondo il costume dell’epoca – guidato dal suo obiettivo personale (che, come è noto, è uno solo: Palazzo Chigi), senza comprendere che un partito con la sua radice politica e matrice culturale non può associarsi a chi quella radice e quella matrice ha da sempre irriso e ancor oggi disprezza, intriso com’è di populismo opportunista (e qui si potrebbe allegare il lungo elenco delle scelte anche parlamentari fatte nel tempo dal M5S, anche recentemente).

I presunti alfieri del Centro, per parte loro, dopo aver ideato un Terzo Polo che avrebbe potuto sviluppare un potenziale interessante anche dal punto di vista elettorale e non solo contenutistico-programmatico lo hanno prontamente sfasciato in ossequio a logiche individualistiche incompatibili con una progettualità politica di respiro e prospettiva. Col risultato di essersi visti costretti a ricercare qualche “alleanza di scopo” (con un’unica motivazione: superare lo sbarramento del 4%) che immiserisce la politica e i valori che dovrebbero animarla e così, assai probabilmente, facendo aumentare ancora la schiera sempre più numerosa di italiani che non sentendosi rappresentati da un bipolarismo per essi costringente non si recheranno alle urne in quanto non certo stimolati da liste plurime inserite in un unico cerchio sulla scheda elettorale col solo obiettivo di raggiungere una percentuale anziché di costruire una politica capace di spezzare quel bipolarismo forzato.

E dunque? Dunque, come detto, da metà giugno qualcuno dovrà sparigliare per costruire una proposta nuova, che ponga i gruppi dirigenti di cui qui abbiamo parlato innanzi alle loro responsabilità e che sappia oltrepassarli. Oltrepassarli, non sostituirli. Perché bisognerà andare oltre uno schema ormai superato.