L’intervista di Zuppi alla Civiltà Cattolica interpella i cattolici in politica.

Molta strada c'è ancora da fare per i cattolici in qualunque parte politica stiano e in qualunque forma, nel definire politiche ispirate alla Dottrina Sociale della Chiesa.

L’ampia intervista del presidente della Cei, card. Matteo Zuppi, sul nuovo numero (4167) della Civiltà Cattolica affronta le principali questioni di attualità da una prospettiva di Chiesa dialogante e accogliente, che preferisce costruire canali di comunicazione con tutti piuttosto che tracciare rigidi confini identitari nella consapevolezza che la Chiesa “è più di quel che sembra”.

Una prospettiva che abbraccia anche l’ambito della politica, segnatamente quella italiana. Infatti, nell’intervista concessa al direttore della rivista dei Gesuiti, padre Nuno da Silva Goncalves, e a Simone Sereni, il presidente dei vescovi italiani afferma che “da una parte i cattolici sono assenti, ma dall’altra sono presenti e in tante compagini. Nelle forze politiche sono presenti quasi dappertutto, o comunque c’è sempre una parte in dialogo con la Chiesa”.

Una prospettiva, quella delineata dal card. Zuppi che credo possa servire da stimolo alla riflessione anche per quanti, nel quadro consolidato del pluralismo politico dei cattolici, coltivano legittimamente propositi di presenza organizzata in politica all’insegna di una tradizione e di una cultura politica come quella cattolico-democratica, cattolico-sociale e popolare, che tanto ha inciso nella storia del Paese.

Penso che l’approccio al tema cattolici e politica, del presidente della Cei possa aiutarci nel definire meglio anche le caratteristiche di una iniziativa politica nel presente, dichiaratamente ispirata al popolarismo. Vi si può trarre un invito a esser più sturziani, a qualificarsi più e principalmente per il programma e per la visione delle questioni della nostra epoca, che per un richiamo nostalgico ai tempi che furono, non di rado funzionale a obiettivi contingenti non propriamente dello stesso tenore di quel glorioso passato.

Perché in un cambio di epoca come quello che stiamo attraversando il vero nodo, come ci ricorda l’arcivescovo di Bologna, “è intendersi su cosa significhi fare politica e fare delle politiche ispirate alla Dottrina sociale della Chiesa”.

Sull’esigenza di un modo di fare politica ispirato all’insegnamento sociale della Chiesa, se prendiamo ad esempio, due fra i nodi cruciali del presente, la transizione geopolitica e la transizione ecologica, scopriamo che molta strada c’è ancora da fare per i cattolici in qualunque parte politica stiano. I nodi irrisolti relativi a un nuovo modello di governance globale, più giusto e inclusivo anche degli Stati di più recente industrializzazione e di quelli in via di sviluppo, hanno generato quella che Papa Francesco ha definito la guerra mondiale “a pezzi”. Senza un reale dibattito si sta scivolando in un clima di riconversione bellica dell’industria, di accettazione del ricorso alla guerra in Europa come se fosse senza alternative. Su un tema come questo i cattolici in politica hanno davanti un margine di iniziativa molto ampio, senza semplificazioni populiste e nel rispetto degli impegni assunti dal nostro Paese a livello internazionale. Ma né l’Unione Europea né l’Onu (e neanche la Nato, a ben vedere) sono una caserma. Sono organismi democratici che riflettono le posizioni degli stati membri. E se le opinioni pubbliche nazionali non sono in letargo, si possono costruire dei percorsi diplomatici alternativi al clima di guerra che è sceso sulla nostra parte di mondo. Ciò è vero specie in un anno elettorale per molti Paesi come il 2024. Ma bisogna trovare il coraggio di incarnare l’ispirazione che a parole si dice di voler seguire.

Anche nel caso della transizione ecologica si ha spesso l’impressione che i principi che la Chiesa indica siano poi privi di adeguate mediazioni storiche da parte dei cattolici impegnati in politica. L’ “ecologia integrale” di cui parla la Laudato Si’ richiede un grande impegno per la ricerca di un equilibrio fra gli aspetti sociali e quelli ambientali, in mancanza del quale si innescano situazioni come ad esempio quelle della protesta degli agricoltori europei, che poi rischiano di venire cavalcate da varie forme di estremismi.

Ecco allora che la visione del card.Zuppi di una Chiesa che è consapevole di esser più di quello che appare, si può trasmettere proficuamente anche all’impegno politico dei cattolici. Ognuno porta avanti i propri progetti, in modo organizzato o meno, ma con la consapevolezza di fare parte di un onda, che si estende oltre gli strumenti organizzativi in cui si milita, e che sulle questioni dirimenti sa emergere per incidere nel dibattito politico e nelle scelte.