Le parole di Maria Zakharova e quelle dell’ambasciatore russo
Non è la prima volta che la giornalista Maria Zakharova, portavoce del Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, si scaglia con invettive verbali contro l’Italia: era già accaduto con il Presidente Mattarella (le cui parole in merito ad una certa analogia tra l’atteggiamento aggressivo di Mosca verso l’Ucraina e le mire espansive del Terzo Reich erano state definite ‘blasfeme’ e ‘criminali’) e un anno prima con i ministri Crosetto e Tajani: tutti inseriti nella lista dei russofobi. Ma il commento di pessimo gusto sul crollo della Torre dei Conti a Roma (mentre sotto le macerie era rimasto imprigionato un operaio che sarebbe poi morto) accompagnato dall’auspicio che tutta l’Italia possa presto crollare per il sostegno dato a Kyiv è parso decisamente irrituale e offensivo. Questo livore della portavoce verso il nostro Paese dipende forse da due fattori: uno personale, imputabile allo stile comunicativo della Zakharova, sempre improntato a toni oltraggiosi e malevoli ed uno politico, che discende dal fatto che Putin e il suo entourage ce l’hanno con l’Italia perché è considerata vulnerabile, non reattiva, un vero anello debole della catena che unisce i Paesi dell’U.E.
Il caso Calenda e il tentativo di intimidazione culturale
Intanto l’ambasciatore russo a Roma censura un tatuaggio di Calenda che rappresenta il tridente Ucraino con parole durissime: “il suo gesto non è altro che una sorta di adesione volontaria al consesso dei seguaci di Petijura, Bandera, Shukhevych e di altri nazisti e collaborazionisti di origine ucraina, le cui mani affondavano nel sangue di ebrei, zingari, ungheresi russi e ucraini”. Un attacco che descrive un atteggiamento censorio di Mosca che va oltre la politica e colpisce ogni libera scelta, anche la più banale come un semplice tatuaggio segno di condivisione emotiva della sofferenza che l’Ucraina sta subendo sotto i droni e le bombe del Cremlino.
L’Italia è il terreno più permeabile in Europa
Il nostro Paese è in Europa quello più esposto all’infiltrazione ideologica filoputiniana che condiziona la politica e il mondo dell’associazionismo: sono note le riserve di certa parte della sinistra rispetto alla ferma condanna dell’aggressione militare russa del 2022, già allora giustificata come reazione alle provocazioni della NATO (che non sono mai state dimostrate), mentre i 5S e la Lega hanno assunto un atteggiamento defilato verso l’ennesima provocazione della portavoce di Lavrov (che parla sempre a nome del Governo di Mosca e non risulta essere mai stata smentita).
Tra inerzia europea e rischio di escalation
E mentre la Russia continua a massacrare l’Ucraina facendo strage di civili, nessuna voce si leva – ferma e risoluta – per una tregua che preluda a trattative di pace. L’U.E. è giunta alla diciannovesima sanzione contro il Cremlino ma non ne sono resi sufficientemente note l’entità e i risultati e intanto i Paesi europei continuano a comprare gas e petrolio dalla Russia, foraggiando di fatto la guerra e la potenza militare di Mosca.
Non ci sono evidenze che convincano Trump ad usare lo stesso pugno di ferro e la risolutezza usata nel conflitto israelo-palestinese: l’incontro di Anchorage è ormai archiviato come una sconfitta di cui rimane come icona più simbolica il red carpet steso davanti al dittatore russo. L’Europa dimentica le parole di Draghi a proposito di sanzioni vere e risolutive e si barcamena tra distinguo e assenza di iniziative di difesa comune.
Le sortite di droni e aerei russi sui cieli dei Paesi Baltici, della Polonia, della Romania, della Danimarca e ultimamente del Belgio sono – quelle sì – vere provocazioni che dovrebbero indurre gli Stati Europei ad una condivisa azione di copertura e protezione da possibili incursioni ordite da Mosca: impossibile che le intelligence degli Stati membri dell’U.E. del Regno Unito e della NATO non si esprimano con risolute iniziative contro l’evidenza di un paventato pericolo. In un eccellente articolo sul Foglio Carlo Calenda mette in guardia dall’eventualità che Mosca passi dalle minacce ai fatti e stigmatizza con coraggio come la penetrazione ideologica filoputiniana riceva continui assist dalla politica (un partito fa parte della coalizione di Governo e un altro dal ‘campo largo’ dispensa demagogia sui soldi stanziati o spesi per la difesa militare) e da certo giornalismo di cui sorprende l’opposto posizionamento ideologico.
Sono atteggiamenti e orientamenti irresponsabili che indeboliscono il Paese e la nazione.
L’Europa deve assumere la guida
Le parole della signora Zakharova possono scivolare via come non dette o possono essere ascoltate come un campanello d’allarme che prelude e anticipa mire espansive in Europa, fomentando intanto odio e disprezzo per l’Italia. Dio non voglia che venga un giorno in cui diffidenti e indifferenti portavoce di orientamenti populisti e minimalisti debbano prendere atto di una diversa realtà: non sarebbe un fatto che riguarderebbe solo i fautori di un abbandono dell’Ucraina al suo destino perché le conseguenze sarebbero la materializzazione di una globalizzazione del male.
Putin mira ad un impero sempre più esteso di cui allarga nella sua mente i confini, l’inazione e la sottovalutazione di questo delirio di onnipotenza ha importanti e recenti, nefasti precedenti nella storia. Il concetto di democrazia non è un’utopia a geometria variabile: esso passa dalla difesa e dal consolidamento delle democrazie nel mondo. Considerato il disimpegno di Trump cominci l’Europa a compattarsi e a prendere saldamente in mano le redini dei propri destini.

