La caduta del Muro di Berlino, il 9 novembre 1989, provocò uno straordinario effetto domino politico e culturale dando il via a eventi che hanno inciso profondamente nella storia dell’Europa e del nostro Paese.
In quella fase delicata, l’Italia ha giocato un ruolo importante nella riunificazione della Germania, all’epoca per nulla scontata. Nel 1989 il governo italiano deteneva la presidenza di turno della Comunità economica europea e l’allora Primo Ministro Giulio Andreotti sfruttò la circostanza per ritagliarsi un ruolo da protagonista nella politica continentale e, in particolare, nella gestione della “questione tedesca”.
Ancora oggi quando si pensa alla politica di Giulio Andreotti sulla riunificazione della Germania è immediato riferimento alla famosa battuta che l’allora ministro degli Esteri avrebbe pronunciato nell’agosto del 1984 partecipando a una festa dell’Unità: “Amo tanto la Germania che preferisco ce ne siano due”.
In realtà, sembrerebbe che quella battuta non fosse di Andreotti ma, seppur declinata in maniera leggermente diversa, fosse stata pronunciata dallo scrittore francese François Mauriac ai tempi di De Gaulle.
Andreotti la fece propria e da allora quel motto gli rimase addosso conferendogli la fama di essere profondamente ostile all’idea di una Germania unita.
Che Andreotti in principio fosse contrario alla riunificazione tedesca è certamente vero, tuttavia quella battuta testimoniava uno stato d’animo generalizzato fra i governi occidentali dell’epoca.
Parlare di riunificazione della Germania significava non solo rievocare i fantasmi di un passato ancora troppo recente in una classe dirigente nata e cresciuta tra le macerie della seconda guerra mondiale, ma rischiava anche di mettere in discussione i precari equilibri fra Est e Ovest faticosamente raggiunti con gli accordi di Helsinki e frenare sul nascere il difficile processo di distensione fra i due blocchi.
Con il modificarsi della situazione internazionale, la posizione più conciliante del presidente francese Francois Mitterrand, il via libera dell’inquilino della Casa Bianca George Bush, il riformismo di Gorbaciov in Unione Sovietica e le aspirazioni unitarie sempre più nette del cancelliere della Repubblica federale tedesca Helmut Khol le cose cambiarono profondamente.
Fu allora che anche Andreotti divenne alfiere della causa tedesca, contribuendo a risolvere lo stallo e a rassicurare i vicini europei sul fatto che una Germania unita non sarebbe stata un potenziale pericolo per l’Europa.
Nel febbraio del 1990, dopo un incontro con Kohl, Andreotti pronunciò parole molto diverse e inequivocabili: “La situazione internazionale è cambiata, io sono favorevole alla riunificazione e fossi tedesco avrei pure ansia nel realizzarla”.
Gli atti che verranno presentati nel convegno di oggi sono dunque il risultato di indagine accurate, di autorevoli storici come Antonio Varsori, arricchiti dalle testimonianze dirette di molti protagonisti di quella fase storica: dall’Ambasciatore Vattani – allora consigliere diplomatico di Andreotti – all’ ex Presidente del Consiglio Massimo D’Alema e l’ex ministro Cirino Pomicino, all’epoca particolarmente vicini allo statista Dc.
Sono atti che servono non solo a fare luce su come si svolsero quei negoziati in quella stagione breve e convulsa, ma anche a ad allargare lo studio inserendo il processo della riunificazione tedesca in una cornice più ampia ed esaustiva.
È evidente infatti che quel risultato si raggiunse grazie anche ai rapporti interpersonali tra i grandi leader dell’epoca e allo spirito di collaborazione e amicizia che si andò consolidando in quegli anni fra Kohl e Andreotti, ponendo le premesse per un superamento definitivo delle lacerazioni politiche ed ideologiche dell’Europa
Helmut Kohl è stato indubbiamente tra i grandi statisti europei dell’ultimo ventennio del secolo scorso, quello che più di ogni altro ha incarnato nella propria esperienza politica l’aspirazione di un intero continente al superamento delle divisioni del Novecento. Lo ha fatto non solo guidando la riunificazione della Germania, ma anche agendo da protagonista sulla scena europea, nell’Europa e per l’Europa avendo compreso che gli interessi del popolo tedesco coincidevano con gli interessi di tutti i popoli europei, una convinzione che lo rese capace di compiere scelte forti e impopolari.
Andreotti intuì la necessità di integrare la Germania nel disegno europeo rendendo quel processo irreversibile e che il nuovo quadro di stabilità non si sarebbe potuto compiere senza un tracciato preciso di lungo periodo che avrebbe dovuto comprendere la moneta unica, il rafforzamento del rapporto atlantico, e la CSCE (la futura OSCE) con la prospettiva finale di una casa comune che includesse anche l’Unione Sovietica.
Senza l’impegno e la tenacia di questi grandi leader, la nostra storia sarebbe stata senz’altro diversa e non certo migliore.