L’Osservatore Romano | L’esigente parola di don Primo Mazzolari

Pubblichiamo la parte finale dell’intervento del direttore dell’Osservatore Romano che ha aperto a Bozzolo (Mantova), venerdì 9 giugno, il convegno su don Mazzolari. Roncalli, divenuto Papa, lo salutò con l’appellativo “la tromba dello Spirito Santo”.

… [La] visione di Mazzolari è fondato [secondo Giorgio Campanini, ndr] sulla «presa d’atto che il cristianesimo è chiamato non solo ad un fondamentale compito di formazione delle coscienze (come noto, fu questo il privilegiato campo di impegno di Mazzolari, negli incontri diretti, nella guida spirituale di quanti a lui si rivolgevano, nei suoi numerosi scritti, insieme ad un forte impegno per la trasformazione delle strutture della società̀). In questo secondo ambito, Mazzolari — proprio per avere constatato quanto oppressivo fosse stato il peso esercitato dal regime fascista sulla Chiesa negli anni successivi al Concordato — metteva in guardia contro ogni compromissione con il potere e richiamava con forza l’esigenza di una piena libertà della Chiesa». Campanini riflette sulla società degli anni ’20-’40 e descrive quella come «una difficile stagione, caratterizzata non solo dal deserto della politica ma anche dal grigiore di una comuinità cristiana spesso paga dell’apparente “trionfo” — dopo sessant’anni di laicismo imperante — del Concordato e poco incline a valutarne il prezzo in termini religiosi e pastorali. Chi, come Mazzolari, metteva in guardia contro ogni compromissione rischiava di essere considerato poco meno che il disturbatore di una “quiete” faticosamente raggiunta; né si valutava appieno, anche in autorevoli ambiti ecclesiastici, il costo che la Chiesa avrebbe rischiato di pagare per la parziale perdita della sua autonomia e della sua libertà̀.

 

Una Chiesa attraversata dalla tentazione del quieto vivere e del conformismo rischiava di rifiutare […] tutte le voci critiche e tutte le istanze al cambiamento che pure provenivano, come nel caso di Mazzolari, non soltanto da pur importanti frequentazioni libresche (come quelle degli amati teologi e pastoralisti francesi, le cui opere furono largamente recepite nella canonica di Bozzolo) ma anche e soprattutto da una personale e diretta esperienza di azione pastorale.

Si spiegano, in questa luce — e sullo sfondo dei difficili rapporti fra la Chiesa e il fascismo che aveva proprio a Cremona, nel gerarca Roberto Farinacci, uno dei suoi esponenti più duri ed intransigenti — le riserve, le perplessità ed alla fine le condanne ecclesiastiche che, a partire da quelle che sono state chiamate le “disavventure” de La più bella avventura, colpirono ripetutamente gli scritti di Mazzolari, indussero i vertici ecclesiastici a porre limiti alla sua predicazione fuori del territorio di Bozzolo, fecero del parroco padano l’oggetto di una serie di interventi disciplinari (e, contemporaneamente, di polemiche e anche di aggressioni ad opera dei più esagitati esponenti fascisti)».

 

La sua fu, è un’espressione sempre di Campanini, una “difficile profezia”. 

 

Don Primo poeta e profeta, disarmato come tutti i poeti e profeti ma forte proprio della sua debolezza, armato solo dalla fede e dalla parola che interpella e interroga.

 

E qui concludo tornando all’altra ricorrenza che incornicia questa bella iniziativa su Mazzolari: il 21 giugno 1963 veniva eletto Papa Giovan Battista Montini, Paolo VI . È stato già scritto molto sul rapporto tra Montini e Mazzolari e qui ora non mi dilungo. Ho cercato di tratteggiare qualcosa di don Primo evidenziando come ci sia anche una sua profezia intesa come un’anticipazione rispetto ai nostri tempi. Non ci dobbiamo meravigliare che Bergoglio è venuto qui a Bozzolo. Non poteva non farlo. E che poi lo stesso giorno è andato da don Milani, a Barbiana, due luoghi periferici. Ma il cuore lo si sente ascoltando il polso. Il centro si vede bene solo dalla periferia. Il centro lo si salva solo dalla periferia.

 

Il 1 maggio 1970, festa di San Giuseppe lavoratore (e qui si aprirebbe un altro aspetto molto ricco di spunti), Paolo VI ebbe a dire su Mazzolari parole toccanti e lungimiranti: «Io gli ho voluto bene. Certo…non era sempre possibile condividere le sue posizioni: camminava avanti con un passo troppo lungo e spesso non gli si poteva tener dietro. E così ha sofferto lui e abbiamo sofferto anche noi. È il destino dei profeti». Come ogni profeta e poeta, Mazzolari è stato, uso una sua autodefinizione, «uomo di pace, non un uomo in pace», che ha intuito che «L’era atomica» che lui ha vissuto sulla sua pelle (ma stiamo per viverla di nuovo anche noi, oggi), «prima di essere una tecnica è un animo, l’animo di Caino». È proprio quello che dice il Papa quando parla della umanità testarda, innamorata della guerra, vittima dello spirito di Caino. Perché ogni guerra è un fratricidio e l’unica risposta veramente alternativa è la riscoperta della fratellanza, dell’amore fraterno e dell’amicizia sociale. Perché, e qui davvero chiudo con una citazione di un grande poeta citato a sua volta da don Primo, «solo la pace conquistata con l’amore è “la casa che i soldati non potranno mai distruggere”» (C.Péguy).

 

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https://www.osservatoreromano.va/it/news/2023-06/quo-133/don-primo-e-la-parola-che-interroga.html