Elly Schlein alle prese con i gattopardi del Pd

La rivoluzione al Nazareno è fatta di parole. Molti gattopardi, attenti alle armonie cromatiche al variar delle stagioni, dovrebbero dinamitare se stessi se proprio volessero dar vita ad un nuovo partito-comunità.

Ad una domanda di Aldo Cazzullo, in un’intervista apparsa sul “Corriere della Sera” del 30 Agosto 2015, Matteo Renzi, allora Presidente del Consiglio ed eletto Segretario del PD sull’onda della rottamazione e del cambiamento, così rispondeva: “La Rivoluzione non è un pranzo di gala. No?”. L’avvertimento maoista era rivolto agli amici della Ditta ed in particolare a D’Alema e Bersani. 

 

Uno dei destinatari dell’ammonimento, Pier Luigi Bersani,  esperto di polemiche nel mondo marxista, non ritenendo Renzi un vero “rivoluzionario”, ma un “rivoluzionario a parole”, gli rispondeva da una festa dell’Unità dicendosi pronto a preferire piuttosto, in fatto di citazioni, l’invito di Mao alle guardie rosse a “Servire il Popolo”.

 

Ricordiamo tutti cosa avvenne: sulle orme de “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, “ai gattopardi e ai leoni” sono succeduti gli sciacalli, le iene e  le pecore. Nessuno, come auspicava Alan Friedman, ha “ammazzato il Gattopardo”, e nessuno si è accorto che “la mucca era nel corridoio” e anticipava il populismo e la deriva a destra.

 

Dopo circa otto anni Elly Schlein, commentando i disastrosi risultati elettorali di quel che resta del centro sinistra, ormai ridotto ad un campo stretto e parafrasando ancora Mao, invita i suoi presunti oppositori a starsene comodi e significativamente afferma  che “il cambiamento non è un pranzo di gala”. Evocando il “pranzo di gala”, il pensiero corre alla rivoluzione auspicata da Mao, intesa non come atto di cortesia e di eleganza, ma come atto di “insurrezione” con il quale una classe ne rovescia un’altra. La Schlein è dunque impegnate a rovesciare il vecchio equilibrio per crearne un altro? Gianni Cuperlo, con eleganza e raffinatezza, in un’intervista a “La Stampa” così ha replicato: “Occore liberarsi dall’idea che il Pd con la sua storia fatta di successi e sconfitte sia una bad company da congelare e che la sfida della nuova segreteria sia dar vita a una newco, una forza slegata dall’identità che del Pd è stata la radice”.

 

Le bad company o le bad bank hanno un precedente molto conosciuto. Dopo la liquidazione del Banco di Napoli, Ferdinando Ventriglia suggerì al Tesoro di costituire una “bad bank” nella quale far confluire i rami secchi del vecchio Banco, ovvero i crediti deteriorati, liberando il nuovo istituto di tutta la zavorra preesistente. I risultati conseguiti dalla Bad-bank, contrariamente alle ipotesi iniziali, furono sorprendenti.

 

Orbene il Pd, con tutte le luci e le ombre, i successi e gli insuccessi che hanno caratterizzato la sua pur breve vicenda politico-elettorale, non può essere ridotto ad una bad company destinata ad annullare, quasi fossero “cenci innominabili”, la memoria storica e l’identità. Se così fosse, di fronte al nuovo enfaticamente evocato, dovremmo ripensare a ciò che scrisse il poeta Vladimir Majakovskij all’indomani della rivoluzione bolscevica: “Le nostre gesta saranno più difficili di quelle del creatore che ha riempito il vuoto di cose. Noi dobbiamo creare il nuovo con l’immaginazione e anche dinamitare il vecchio”. Ecco, saprebbe Schlein non solo creare il nuovo, ma addirittura “dinamitare” il vecchio? Ma c’è di più. Molti gattopardi, attenti alle armonie cromatiche al variar delle stagioni, dovrebbero dinamitare se stessi se proprio volessero dar vita ad un nuovo partito-comunità. L’evento non pare realistico.