L’editoriale di Andrea Monda (Un giornale invincibile e la sfida che abbiamo davanti) offre una chiave di lettura non arrendevole alla sospensione momentanea – causa covid-19 – dell’edizione cartacea del quotidiano ufficioso della Santa Sede.
Il giornale che state leggendo non lo avete tra le mani. Lo state leggendo sulla Rete, di
preciso sul sito del giornale rinnovato e potenziato, attraverso un dispositivo mobile o sul vostro computer personale.
È la terza volta che il fatto di dover sospendere la stampa su carta accade nella lunga storia de L’Osservatore Romano: la prima volta fu per qualche giorno nel settembre del 1870 in occasione della breccia di Porta Pia e della presa di Roma, la seconda avvenne nel settembre del 1919, e durò un paio di mesi a causa di uno sciopero della tipografia. Si tratta però di due precedenti non comparabili con l’occasione che stiamo vivendo oggi, per il semplice e decisivo motivo che in quelle due occasioni la sospensione equivaleva a una vera interruzione della produzione del giornale, oggi no. Quello che ieri poteva essere visto come un segno mortale inferto al quotidiano, oggi deve essere letto come segnale della vitalità di questo giornale che si adegua prontamente alla nuova drammatica situazione che il Vaticano, Roma, l’Italia e il mondo stanno vivendo.
Ho scritto in questi giorni ai colleghi della redazione una lettera in cui dicevo (e mi fa piacere ripeterlo a voi lettori, del resto siamo tutti “colleghi”, siamo tutti “collegati”, facciamo parte della medesima comunità): «Più che una “decisione” si tratta della presa d’atto della realtà. Come dice spesso il Papa: la realtà è superiore all’idea». E un buon giornale, un giornale “invincibile” come L’Osservatore Romano, non può vivere fuori dalla realtà. Deve camminarci dentro per trasformarla.
La realtà è che si muore per un nemico invisibile. E che per vincere questa guerra dobbiamo adattarci a una vita diversa, per un po’. Ma non dobbiamo adattarci a vivere senza l’informazione. Possiamo non trovare il giornale in edicola, o non riceverlo in abbonamento postale, ma non dobbiamo smettere di leggerlo. Non possiamo smettere di scriverlo. L’Osservatore Romano è invincibile, perché nemmeno questa tremenda pandemia lo ha sconfitto: oggi noi siamo vivi e presenti sulla Rete e voi lettori continuate a leggere le nostre pagine, anzi, questa è l’occasione di allargare le schiere dei nostri lettori e nell’ambiente digitale di fatto confini non ce ne sono!
Ieri in prima pagina ho pubblicato un’acuta e preziosa riflessione della teologa Stella Morra che iniziava con queste parole: «La storia della cultura ci mostra che è attività umana e umanizzante trasformare (con tutta la fatica che questo comporta) il chronos in kairos».
È questa la sfida posta davanti a un giornale che vuole avere un’anima spirituale e una cifra culturale forte, ispirate dalla nostra coscienza formata alla luce del Vangelo: cogliere il nuovo che già si rivela misteriosamente davanti ai nostri occhi spesso offuscati, appesantiti dalla durezza della vita e rivolti al passato, e quindi incapaci di leggere i “segni dei tempi”. Vale oggi come e più di ieri la profezia di Isaia: «Ecco, faccio una cosa nuova: / proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?/ Aprirò anche nel deserto una strada, / immetterò fiumi nella steppa» (Is 43,19). Siamo pronti a cogliere questa novità? A trovare la strada aperta nel deserto? A dissetarci all’acqua dei fiumi nella steppa? Ha ragione Stella Morra, non possiamo continuare a «galleggiare sulle cose (e spesso sulle persone), perché “tanto passerà”, attrezzarsi a trovare soluzioni per i problemi che mano a mano si presentano: come possiamo continuare a fare quasi tutto quello che facevamo prima? Come creare le condizioni per poter farlo ancora?». È questa peraltro la cifra del pontificato di Papa Francesco che da sempre ci ricorda il rischio mortale dell’adagiarsi sulla logica del “si è sempre fatto così”. Dobbiamo quindi combattere quella strisciante rassegnazione che si nutre del bisogno umanissimo di conferme e di sicurezza e affrontare il mare aperto che la vita ci spalanca davanti anche e soprattutto in questo tempo così grave e pericoloso.
Tutto questo vuol dire che quando torneremo a stampare su carta L’Osservatore Romano, speriamo molto presto, lo faremo con uno spirito, una creatività e una forza più grande di oggi, e direi anche con più competenza perché avremo esplorato nuove frontiere e saremo usciti provati e rinvigoriti dall’esperienza vissuta. Con una consapevolezza: in questo combattimento che non è solo tecnologico ma anche e innanzitutto spirituale, non siamo soli, nessun credente lo è, mai.