Lotte contadine e…lotte borghesi.

Vedremo se i contadini avranno la forza d’imporre una politica diversa dall’attuale. Intanto gli Agnelli stanno rilanciando gli studi sulla sindrome di Medea e sul complesso rapporto tra madri e figli.

Tutto in questi giorni assume l’onore della ribalta se si compone da principio di prime tre lettere che sembrano farla da padrone. “Tra” è una di quelle preposizioni semplici che stanno mettendo in allarme anche la politica.

È finita almeno per adesso, senza spargimento di sangue. Più che quattro amici al bar, un mini corteo di trattori ha sfilato davanti al Colosseo in rappresentanza di una orda che avrebbe rinunciato ad invadere la città. Brenno e gli Unni sono una storia antica, il pericolo è scampato.

In ipotesi, un gruppetto di nostri farmers, si diceva avesse poi in animo di salire sul palco di Sanremo, forse ispirato da una canzone di qualche tempo fa dal titolo “Salirò” e che nella prima strofa recita: “Salirò, salirò tra le rose di questo giardino”. Le rose del palco del Festival si sarebbero prestate alla circostanza.

Tutto si è risolto con l’estratto della lettura di una loro lettera. Nel contenuto si avverte lo stesso sentimento di realtà quotidiana delle epistole leopardiane, forse con pari lirismo ma non con la stessa genuflessione di quando scriveva a Monti: “Se è colpa ad un uomo piccolo lo scrivere ad un letterato grande, colpevolisssimo sono io, perché a noi si convengono i superlativi delle due qualità…”.

La platea non l’ha presa con l’abbondono e il fatalismo della donna raffigurata da Vettriano nel dipinto che ha appunto per titolo “The letter”.

Con un ideale tratto di penna l’occupazione è scongiurata, il dado è stato ritrattato. Il trattorista è colui che tira, in questo caso che sprona alla battaglia per una giusta causa.

Scendendo verso Roma il movimento dei contadini non ha indugiato presso qualche trattoria trangugiando ogni ben di Dio.

Al contrario, hanno bivaccato con sacrificio, ad esempio, in zona di Orte, convinti di non mollare un solo minuto la battaglia a cui si sentono chiamati. Non è finita insomma a tarallucci e vino e non hanno traccheggiato aspettando che l’Europa si commuovesse al loro pensiero.

L’Italia è vicina ai nostri contadini e non avrebbe inveito se pure avessero bloccato il traffico perché ne comprende le ragioni della protesta.

Sul tema della rivendicazione c’è un comune trasporto di intenti, una attenzione che mette al bando ogni trascuratezza della questione, un desiderio di trasgredire alla disciplina europea che sembrerebbe privilegiare la causa ambientaliste contro quella degli agricoltori.

Entrambi, paladini ecologisti e uomini agresti, piuttosto, se la dovrebbero prendere con l’organizzazione di una filiera che la fa da padrone e detta le leggi del mercato, ma quella è zona ardua da revisionare.

“Tra” questi e quelli c’è un nemico più spietato che non muove un fiato, silente, intanto che la faccenda si sgonfi.

Del resto, i contadini suscitano da subito simpatia; questo è il loro tallone d’Achille. Sono più avvezzi ad ispirare passi di letteratura che ad incidere nelle regole economiche di mercato. Verga scrisse racconti come “Vita dei campi” e “Novelle rusticane”, così Parini con i “Trasformati”, ancora andando avanti con Carducci e Pascoli ed altri ancora.

Vedremo se si accontenteranno di qualche mancetta o avranno la forza di imporre una politica diversa dall’attuale. Ciò che è incontestabile motivo di ammirazione è la compattezza di quegli uomini.

Nello stesso tempo, nel mondo degli “allevatori” di rango qualcosa muove scandalo per quello che sta accadendo e soprattutto per le contese che distinguono quel mondo.

Gli Agnelli stanno rilanciando gli studi sulla sindrome di Medea e sul complesso rapporto tra madri e figli.  Qualcuno fa risalire l’agnello all’anghelos, cioè al messaggero. Altri lo riconducono all’agnòs greco, cioè il puro e il casto.

A quanto si legge non sembrano questi gli elementi costitutivi degli Agnelli che stanno dando triste sfoggio di deatribe tradotte in carte di legge e tribunali. “Agnelli e coltelli” è la rima che dispiace ad una Italia che nel bene o nel male ha guardato a quella famiglia come un riferimento del nostro prestigio nel mondo.

Sanremo prese il nome dal Vescovo eremita San Romolo. Roba di nobili sentimenti, nulla a che vedere con Romolo e Remo che da fratelli se le diedero di santa ragione fino alla morte di quest’ultimo. Oggi gli Agnelli potrebbero aggiungere, a quest’ultima, un’altra pagina di cruenta storia.