Il 21 febbraio del 2021, Luca Attanasio (Ambasciatore italiano presso la Repubblica Democratica del Congo), veniva ucciso durante una missione umanitaria all’interno del territorio congolese.
Sino a quella drammatica giornata, Luca aveva vissuto la sua esperienza professionale fuori dalla notorietà e nell’ambito delle attribuzioni proprie della diplomazia del nostro Paese. La sua fine violenta ha fatto improvvisamente emergere due aspetti indelebili dell’esperienza dell’ambasciatore Attanasio: come un uomo delle Istituzioni possa essere esempio di dedizione al ruolo fuori dalla ribalta mediatica; come un servitore dello Stato scelga, attraverso il suo lavoro e le sue responsabilità, di essere al servizio degli ultimi, della pace e dell’Italia.
Negli anni in cui alcune forme di retorica nazionalista e sovranista presentano un modo di affermare l’italianità attraverso comportamenti intolleranti ed emarginanti verso l’altro, la morte di un giovane ambasciatore della Repubblica Italiana, così come la mobilitazione della popolazione di Cutro e di altri territori a favore di migranti naufraghi, hanno mostrato a tutti un’altra immagine dell’essere italiani nei nostri confini e nel mondo.
La stessa famiglia creata da Luca con sua moglie Zakia è stato ed è un modello di inclusione.
Tante sono state le iniziative di solidarietà, accoglienza e cura del prossimo, sorte in suo nome, a partire dalla Fondazione Mama Sofia.
Una rete erede anche dell’esperienza cattolica di Luca Attanasio, dapprima vissuta nella comunità della cittadina di Limbiate, dove ha frequentato assiduamente la Parrocchia locale, e successivamente nella complessità dell’impegno di diplomatico.
Significativo è stato poi l’omaggio dello Speciale TG1 di domenica scorsa nel ricordo di quest’uomo, attraverso proprio la testimonianza della moglie nel documentario Broken Dream di Imma Vitelli. Adesso infatti è Zakia a garantire la continuità dell’idea della vita e dei valori espressi da Attanasio. Ritroviamo l’estensione di questa concezione della centralità della persona di Luca, proprio quando lo scorso anno, di fonte a una possibile sentenza estrema del Tribunale congolese nei confronti degli esecutori dell’uccisione del nostro ambasciatore, del carabiniere Iacovacci e dell’accompagnatore locale Milambo, la moglie fece un appello per evitare il ricorso alla pena capitale per gli imputati dell’omicidio del marito: “Luca non avrebbe mai voluto. Credo nelle istituzioni, vogliamo solo giustizia. La chiedono l’Italia, il Congo, il mondo. La verità arriverà“. Un appello che va oltre la pena di morte e guarda all’Africa come il grande continente che ha bisogno delle attenzioni della comunità internazionale per promuovere un suo sviluppo e non come terreno di scontro tra potenze e tra poteri.
A tre anni di distanza da quel 21 febbraio 2021, l’eredità spirituale e valoriale di Luca Attanasio dovrà essere punto di riferimento non solo per chi lo ha conosciuto e lo ha apprezzato nella quotidianità, ma di tutto il nostro Paese.
Il Presidente Mattarella, nel consegnare a dicembre 2021 l’onorificenza di Gran Croce d’Onore dell’Ordine della Stella d’Italia alla memoria dell’Ambasciatore Luca Attanasio, ha riferito al Paese il lascito del giovane Ambasciatore di Limbiate: “Ha messo l’italianità al servizio dell’umanità” e ancora “Mai come in questo caso è meritata, perché davvero rimane un punto di riferimento emblematico per quanto riguarda il modo in cui si interpreta il ruolo della diplomazia, delle Istituzioni, dell’azione pubblica”.
Starà al Paese e ai suoi cittadini non dimenticare la testimonianza di un giovane ambasciatore italiano di 43 anni, ucciso mentre si recava in missione umanitaria per assistere giovani bambini congolesi.