Articolo già apparso sulle pagine dell’Agi
L’euro di carta nasce il primo gennaio 2002, quando la moneta unica europea viene introdotta per la prima volta come denaro contante in 12 degli allora 15 Stati dell’Unione europea. Ma in realtà l’euro era entrato ufficialmente in vigore, come unità di conto virtuale, il 1 gennaio 1999, esattamente 20 anni fa, in 11 Stati Ue, sulla base delle regole previste dal Trattato di Maastricht. Oggi, l’euro è la valuta legalmente riconosciuta nell’Eurozona da 19 dei 28 Stati dell’Ue e rappresenta la valuta internazionale più importante dopo il dollaro. Per Andorra, Monaco, San Marino e la Città del Vaticano l’euro è la moneta ufficiale, ma viene utilizzata anche in Guadalupe, Martinica e Saint-Barthelemy nei Caraibi, a Mayotte e Reunion nell’Oceano Indiano, e nelle Azzorre, Canarie, Madeira, Kosovo e Montenegro. Ma vediamo tutte le tappe che hanno portato alla nascita della moneta unica europea.
- 1957, il primo passo: È il 14 ottobre 1957 quando vengono enunciati i principi dell’Unione Europea, secondo i quali la moneta unica è un cardine su cui fondare la comunità politica.
- 1978-79, nasce il sistema monetario europeo: Il 13 marzo 1979 viene instaurato lo Sme (Sistema Monetario Europeo), il meccanismo che fissa i tassi di cambio delle monete tra i Paesi della Comunità europea volto a limitare la fluttuazione dei cambi bilaterali.
- 1979, arriva l’Ecu: L’Ecu è la prima unità di misura monetaria in Europa, non una moneta vera e propria, ma un’unità di conto per parametrare in varie operazioni le diverse valute europee, un paniere composto dalle valute degli Stati membri, ponderate proporzionalmente al peso economico di ciascuno Stato.
- 1992, il trattato di Maastricht: Il Trattato sull’Unione Europea viene firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992 dagli allora 12 Paesi membri della Comunità europea (Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna) ed entra in vigore il 1 novembre 1993. Il Trattato fissa i criteri di convergenza per aderire all’Unione monetaria e rappresenta una cesura epocale perché formalizza l’esigenza di dotare l’Europa di una politica estera e di sicurezza comune. Il Trattato definisce, inoltre, le tappe per la creazione dell’Unione monetaria e indica i requisiti che gli Stati membri avrebbero dovuto rispettare per poterla adottare.
- 1995, il battesimo del nome: A Madrid nel dicembre 1995, viene scelto il nome della moneta. “Euro” riecheggia la epsilon greca, oltre a essere la prima parte della parola Europa.
- 1998, Nasce la Bce: Il primo giugno 1998 è istituita la Banca centrale europea, che inizia a funzionare dal primo gennaio 1999 con il compito di definire e attuare la politica monetaria per l’area dell’euro, di svolgere le operazioni sui cambi, di detenere e gestire le riserve ufficiali dei Paesi dell’area dell’euro e di promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento. I trattati dell’Ue indicano il mantenimento della stabilità dei prezzi come suo obiettivo primario. Nel 1998 il Consiglio direttivo della Bce definisce tale stabilità come un tasso di inflazione a medio termine inferiore al 2%.
- 1998, un euro vale 1.936,27 lire: I tassi di cambio tra le prime undici divise nazionali aderenti all’euro sono determinati dal Consiglio europeo. Il 31 dicembre 1998 viene stabilito che un euro vale 1.936,27 lire.
- 1999, l’euro moneta virtuale: Il primo gennaio 1999 l’euro inizia a essere usato per tutte le forme di pagamento non fisiche come, ad esempio, i trasferimenti elettronici e i titoli di credito, mentre le valute degli Stati partecipanti vengono bloccate a un tasso di conversione prefissato. Italia e Belgio sono entrambe accettate nella neonata area euro, in deroga ai loro debiti pubblici eccessivi. Sul dollaro il cambio si attesta a 1,18. Il rapporto tra la divisa unica e il biglietto verde, tra mille oscillazioni, toccherà un minimo di 0,83 nel 2001 e un massimo di 1,60 nel 2008, nel bel mezzo della crisi finanziaria statunitense. Oggi è in zona 1,14.
- 2001, la Grecia entra nell’Eurozona: Il primo gennaio 2001, con l’adesione della Grecia, gli Stati membri della Unione monetaria diventano 12. Per entrare nell’euro i greci accettano l’aiuto di Goldman Sachs, una banca d’affari Usa specializzata nelle consulenze di imprese e governi per le privatizzazioni e le scalate aziendali. I greci sottoscrivono con la banca un accordo che permette di trasformare, mediante uno swap, 2,8 miliardi di euro di debito in dollari e yen in un prestito emesso in euro, sulla base di un tasso di cambio fittizio. Il contratto consente di sottrarre 2,8 miliardi al debito pubblico, assorbiti dall’opaco mondo della finanza ombra: Goldman, insomma, presta di fatto quei soldi alla Grecia, in cambio di 600 milioni di commissione. Tuttavia le vicende legate agli attentati dell’11 settembre fanno scattare una serie di clausole e il costo per Atene alla fine lievita a oltre 5 miliardi.
- 2002, arriva l’euro di carta: Le banconote e le monete euro entrano in circolazione nei primi 12 sistemi monetari aderenti, Grecia inclusa, il primo gennaio 2002. Le vecchie valute coesistono con la nuova divisa fino al 28 febbraio 2002, data in cui cessa il loro corso legale. Il passaggio dalla lira all’euro innesca sin da subito una serie di polemiche riguardanti l’aumento del costo della vita.
- 2007-2015, l’Eurozona si allarga a 19 Paesi: Il primo gennaio 2007, con l’adesione della Slovenia, gli Stati membri della Uem diventano 13. Il primo gennaio 2008 tocca a Cipro e Malta aderire all’Uem. Il primo gennaio 2009 aderisce la Slovacchia, il primo gennaio 2011 l’Estonia, il primo gennaio 2014 la Lettonia e il primo gennaio 2015 la Lituania. Gli Stati membri dell’Uem diventano così 19.
- 2008, scoppia la crisi finanziaria: Il 15 settembre del 2008 Lehman Brothers, società finanziaria Usa operante a livello internazionale, annuncia la bancarotta. Tale evento scatena, con un effetto domino, la più grande crisi economica globale dai tempi della Grande Depressione del 1929. La sintomatologia della crisi tra le due sponde dell’Atlantico è simile: contrazione del credito, seguita da una brusca recessione.
- 2009, la crisi greca: Nella seconda metà del 2009 Usa ed Europa sembrano faticosamente riemergere dalla crisi finanziaria, quando scoppia la crisi greca. Nell’autunno del 2009 il governo del socialista George Papandreou scopre che il precedente esecutivo aveva pesantemente truccato i conti, con l’aiuto di Goldman Sachs; il deficit reale della Grecia è di oltre il 12% del Pil, anziché il 6% dichiarato. Per mesi, le autorità politiche dell’Eurozona temporeggiano e non si decidono ad aiutare la Grecia. Soltanto nel maggio del 2010 viene adottato un primo piano di aiuti alla Grecia da 110 miliardi, erogati da Ue e Fmi, in cambio di un rigoroso piano di austerità basato su pesanti tagli alla spesa.
- 2010, la crisi del debito sovrano europeo: La crisi della Grecia comincia a contagiare l’Europa e i prezzi dei titoli di Stato di molti Paesi del vecchio continente colano a picco. I Paesi dell’Eurozona varano nel maggio del 2010, uno strumento finanziario ad hoc, l’Efsf, il cosiddetto Fondo salva Stati, una società finanziaria, con sede in Lussemburgo, costituita dai 19 Stati membri dell’area euro allo scopo di elargire prestiti agevolati ai Paesi con difficoltà finanziarie. Nell’autunno del 2010 il primo Paese europeo in crisi, oltre alla Grecia, a richiedere l’aiuto dell’Efsf è l’Irlanda. L’Efsf è comunque inteso come uno strumento provvisorio e per questo nel marzo 2011 viene varato l’Esm, un vero fondo pubblico affidato ai ministri delle Finanze dei Paesi membri.
- 2011, la stabilità a rischio: Nell’estate-autunno 2011 la stabilità di tutta l’area euro è a rischio. Le borse subiscono ripetuti capitomboli. La speculazione colpisce grandi Paesi come Italia e Spagna e prende di mira la sopravvivenza stessa dell’area euro. I prezzi dei bond governativi di Roma e Madrid colano e picco e si inizia a parlare dello spread, cioè del differenziale tra i rendimenti dei titoli decennali spagnoli e italiani rispetto a quelli dei titoli di Stato tedeschi. Lo spread sul debito italiano si impenna, fino a superare la soglia dei 500 punti base e affossare il governo Berlusconi. Il 9 novembre 2011 vola al livello record di 574 punti e il tasso quasi al 7,5%. Quello stesso giorno il Quirinale si rivolge a Mario Monti per formare un nuovo governo. Lo spread resta alto, sopra 500 punti, per tutto dicembre, poi torna a calare intorno a 310 punti a marzo, quando Monti vara una manovra sotto il segno dell’austerità. Intanto, in Grecia la situazione non migliora: il Paese sprofonda nella crisi economica e a ottobre del 2011 ha bisogno di un altro piano di aiuti internazionali da 30 miliardi di euro. Nel giugno 2012 tocca a Madrid gettare la spugna per evitare il crac del sistema bancario nazionale. Per gli istituti di credito iberici, le autorità di Bruxelles danno il via libera a un piano di aiuti da 100 miliardi e per la prima volta rendono operativo l’Esm.
- 2012, Draghi lancia lo scudo anti-spread: Tra luglio e settembre del 2012 il presidente della Bce, Mario Draghi, mette alla prova il potere di moral suasion della Bce e riesce a calmare le turbolenze del mercati solo con la forza delle sue parole. Il 26 luglio del 2012 il governatore si rivolge al gotha degli investitori riunito a Londra e pronuncia per la prima volta la frase magica: “Nell’ambito del suo mandato la Bce è pronta a salvaguardare l’euro con ogni mezzo. E, credetemi, sarà sufficiente”. Draghi diventa così ‘Super Mario’, l’incantatore dei mercati: a settembre lancia le Outright monetary transactions, la minaccia di operazioni illimitate ex ante per l’acquisto di titoli di Stato sul mercato secondario, tramite l’Efsf e l’Esm. Il piano della Bce è chiamato lo ‘scudo anti-spread’, non è un bazooka, ma la minaccia di usare il bazooka, cioè di intervenire sui mercati senza limiti, “quanto basta” per calmare gli spread. Oltre alla minaccia dell’arma segreta, l’Omt, Draghi lancia anche una serie di operazioni straordinarie di politica monetaria per sbloccare il mercato del credito europeo, restio a prestare soldi all’economia reale, gli Ltro e i Tltro, finanziamenti a tassi agevolati al sistema bancario per sostenere l’economia reale. 2014, per la prima volta tassi negativi: Il 5 giugno 2014 la Bce taglia ii tasso di rifinanziamento dallo 0,25% allo 0,15% e introduce, per la prima volta, i tassi negativi sui depositi dello 0,1%. In pratica le banche devono pagare per depositare il denaro sui conti dell’istituto di Francoforte. La mossa viene decisa per contrastare il prolungato abbassamento dei prezzi e spingere gli istituti a fare prestiti a imprese e risparmiatori senza tenere il denaro fermo all’Eurotower.
- 2015, il primo quantitative easing: Nel gennaio del 2015 la Bce approva il suo primo programma di allentamento quantitativo, o quantitative easing: il cosiddetto ‘bazooka’. In pratica, la Bce crea moneta a debito e lo fa attraverso iniezioni di liquidità, con operazioni di mercato aperto, tramite l’acquisto di titoli di Stato e di altre obbligazioni.
- 2016, secondo e terzo ‘Qe’ e Brexit: Il 10 marzo 2016 il direttivo della Bce sorprende i mercati e prende una raffica di storiche decisioni. In primo luogo taglia tutti tassi, porta il ‘refi’, il tasso di rifinanziamento pronti contro termine, dallo 0,05% a quota zero, abbassa ancora il tasso sui depositi, da -0,30% a -0,40%, e riduce il tasso marginale di 5 punti da +0,30% a +0,25%. Inoltre, amplia da 60 a 80 miliardi di euro al mese l’ammontare degli acquisti mensili di titoli nell’ambito del programma di ‘quantitative easing’. Infine, lancia un nuovo programma di Tltro, ovvero di prestiti alle banche a tasso agevolato condizionati alla fornitura di credito all’economia. L’8 dicembre 2016 la Bce prolunga il Qe, in scadenza a marzo, “fino alla fine del 2017 e anche oltre se necessario” ma ne riduce l’entità, a partire da aprile 2017, da 80 a 60 miliardi di euro al mese. Nel giugno 2016 i cittadini britannici votano per la Brexit in un drammatico referendum.
- 2017, nuovo taglio al ‘Qe’: Il 26 ottobre 2017 la Bce riduce ancora il Qe, da 60 a 30 miliardi al mese, a partire da gennaio del 2018, “estendendone la durata di 9 mesi e cioè “fino a settembre del 2018 e anche oltre se necessario”. Intanto, a 9 mesi dal referendum, il 29 marzo Londra ufficializza il divorzio dall’Ue, attivando l’articolo 50 e cioè il percorso di uscita volontaria dall’Ue di uno Stato membro.
- 2018, la fine del ‘Qe’ e l’era dei populismi: A marzo la Bce elimina l’impegno ad aumentare il ritmo e la quantità degli acquisti di bond nel caso in cui “le prospettive diventassero meno favorevoli”. È il primo passo verso lo smantellamento del Qe. A giugno, l’Eurotower annuncia la riduzione del Qe a 15 miliardi al mese da ottobre a dicembre, per poi azzerarlo a partire da gennaio 2019. Il 13 dicembre Mario Draghi conferma che a partire dal primo gennaio il Qe chiuderà i battenti, ma assicura che la politica monetaria della Bce resterà accomodante e che il programma di acquisto titoli da 2.600 miliardi di euro va considerato come uno uno strumento permanente dell’istituto che all’occorrenza potrà essere riattivato. Nel frattempo, il negoziato sulla Brexit tra Londra e Bruxelles arriva a un’intesa. Sommersa dalle critiche, la premier Theresa May deve fare i conti con l’ala dura del suo partito. L’altra incognita che il 2018 riserva all’Eurozona viene dall’Italia. A giugno nasce un nuovo governo euroscettico, guidato da Lega e M5s. Ma è solo la punta di un iceberg. Un po’ in tutta Europa si fanno largo movimenti di stampo populista, come i gilet gialli in Francia, la destra austriaca o il quartetto di Visegrad. Le elezioni per il prossimo Parlamento e del 2019 potrebbero far emergere un’avanzata impetuosa del fronte antieuropeo.