Matteo Galloni: la comunità monastica oltreopassa la logica mondana.

Contro ogni determinismo, per la conquista dell’autentica libertà. Pubblichiamo di seguito la Prefazione al testo di don Galloni su “Obbedienza e libertà nel primo monachesimo”, Edizioni Tipheret, Acireale, 2024.

In questo pregevole studio Matteo Galloni affronta il rapporto dialettico, a volte non privo di tensioni, fra libertà e obbedienza nell’ambiente del monachesimo greco delle origini con particolare riferimento alle vite e ai detti dei padri del deserto. Come è noto, il tema della libertà di scelta fra il bene e il male è ampiamente presente nella riflessione degli autori della letteratura cristiana greca in generale soprattutto in polemica contro ogni forma di determinismo che minava la realtà del libero arbitrio dell’uomo in campo morale. A tal fine Galloni avvia il suo discorso partendo da Gregorio di Nissa che definisce la scelta come un movimento libero verso il bene o il suo opposto; per il Cappadoce questa problematica è di grande rilevanza al punto che mette in evidenza che la libertà di scelta conduce l’essere umano all’uguaglianza con Dio, che non può costringere a prendere qualsiasi decisione. La virtù quindi presuppone la libertà perché ciò che si fa per costrizione non può essere virtù. Certamente questo rilievo dato alla scelta libera si ritrova anche nello stoicismo (si pensi ad Epiteto), in cui si sottolinea il t. proairesis, ampiamente presente, in ambito cristiano, ad esempio in Giovanni Crisostomo che così mette in evidenza la libertà di scelta, in particolare contro il determinismo manicheo.

Nella spiritualità dei padri del deserto, come puntualmente rileva Galloni, il connubio tra libertà e obbedienza, intesa come un dato interiorizzato nel rapporto fra due libertà, ha il suo modello in Cristo stesso che si annienta (si pensi a Fil. 2,7) sottomettendosi coscientemente al Padre. Nella tradizione monastica l’obbedienza, come ascesi dello spirito con rinuncia volontaria alla propria libertà, è legata alla paternità e figliolanza spirituale, per cui il novizio si mette alla scuola di un padre specifico, anche se si può avere con altri un legame di amicizia.

Questo rapporto di obbedienza dipende dal fatto che con le sole proprie forze non si può giungere alla perfezione della libertà. Il fine di questa rinuncia alla libertà è quindi il conseguimento della libertà-discernimento fra il bene e il male; come diceva Doroteo di Gaza, se si vuole essere liberi, si deve tagliare la propria volontà.

Galloni si sofferma poi su Pacomio e la sua concezione dell’obbedienza personale e comunitaria; per lui l’obbedienza, sempre connessa con la libertà, è necessaria per l’organizzazione della vita cenobitica, il cui fondamento è il rapporto fra paternità spirituale e obbedienza. Galloni mette anche in evidenza che le varie norme e prescrizioni ideate per le esigenze della vita comunitaria non pare risalgano a Pacomio stesso, ma siano successive. Di conseguenza dopo Pacomio si assiste all’instaurarsi di una dinamica di assolutizzazione e sacralizzazione da parte di chi cercava di raccogliere il nucleo centrale dell’eredità del fondatore. Si tratta, in ultima analisi, di quelle tensioni fra libertà e obbedienza, di cui si parlava in precedenza, che portano ad una sorta di sclerotizzazione di queste due componenti della vita monastica, la libertà appunto e l’obbedienza, che sono invece strettamente legate al binomio paternità-figliolanza spirituale in vista del conseguimento dell’autentica libertà. Tutte queste argomentazioni sono sviluppate da Galloni sulla base di una ricca documentazione di fonti antiche e moderne, sempre discusse con acribia e sicurezza metodologica.

 

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