Natalità, non lasciamo alla destra il tema brandito da Meloni a Budapest.

Su una questione così decisiva come quella del contrasto al calo demografico va respinto sia il tentativo di strumentalizzazione della destra, sia la sottovalutazione del problema che proviene dalla sinistra radicale.  

L’intervento di stamane del presidente del consiglio Giorgia Meloni al V Vertice demografico di Budapest, al di là della cornice, quello di capi di stato e di governo annoverabili nella destra sovranista internazionale, pone un tema, quello della crisi della natalità, che è centrale per l’avvenire. Infatti, come ha ricordato Papa Francesco agli stati generali della natalità nel maggio scorso, dalla nascita dei figli si misura la speranza di un popolo.

 

Per questo, su un tema così decisivo come quello del contrasto al calo demografico delle società più sviluppate, va respinto sia il tentativo di strumentalizzazione della destra, sia la sottovalutazione del problema che proviene dalla cultura radicale.

 

È un fatto che l’Italia sia in pieno inverno demografico. Il picco negativo si è avuto nel 2022 con appena 393.000 nuovi nati su una popolazione di 60 milioni di abitanti. Lo squilibrio demografico con una popolazione sempre più anziana è preoccupante in sé, ma se si guarda tale fenomeno in relazione ai tassi di natalità del Sud Globale, emerge un secondo grande squilibrio, quello tra la crisi della natalità dei Paesi ricchi e il tasso di natalità troppo alto di quello dei Paesi emergenti. Per rendersene conto  è sufficiente guardare a un Paese vicino all’Italia, come l’Egitto che con una popolazione di 105 milioni, quasi doppia dell’Italia, ha però avuto, nello stesso anno, il 2022, 2.200.000 nascite, più di 5 volte dell’Italia, al punto che in Egitto si sta discutendo, al contrario che in Europa, su come incentivare la popolazione a fare meno figli.

 

Questi opposti squilibri demografici sembrano suggerire che sia nei Paesi ricchi che in quelli emergenti servono economie più eque per superarli. Un giusto sviluppo per i Paesi del Sud Globale e salari più equi per i ceti medio-bassi da noi, che consentano l’acquisto della prima casa alle giovani coppie, e l’esercizio di una paternità e di una maternità responsabile non come un lusso riservato ormai a pochi ma come un diritto da poter esercitare a vantaggio di tutta la società.

 

Sulla natalità serve una visione che vada oltre gli opposti estremismi, una visione di centro e di buon senso, con i fatti. Affrontare il problema demografico non è in antitesi con l’accoglienza di migranti e nel contempo non si può guardare con sospetto, come sembra fare una certa sinistra, a ogni tentativo di invertire l’attuale trend demografico, salvo poi fare certe battaglie per invertire a ogni costo, persino contro dati oggettivi di realtà, le leggi naturali della procreazione.

 

I problemi demografici dell’Occidente sviluppato e quelli dei Paesi emergenti, a prima vista opposti, hanno la stessa radice in comune, una radice che si chiama giustizia sociale. Questione, quella sociale, su cui non servono scontri ideologici, ma concretezza, equilibrio e lungimiranza.