Dopo lo scontro di ieri in Parlamento, torna utile analizzare il significato e la rilevanza del Manifesto di Ventotene. Il documento è attraversato da due differenti sollecitazioni: una è quella federalista, che ha ispirato generazioni di europeisti; l’altra, invece, è quella che immaginava una nuova Italia fondata su una Costituzione avanzata, a trazione demicratico-socialista, come auspicato dal Partito d’Azione. In parte questa visione federalista ha contribuito, sebbene in maniera indiretta, al successo dell’iniziativa politica di De Gasperi, Adenauer e Schuman. In particolare, il “nostro” De Gasperi seppe avvalersi dello spirito informatore del federalismo, ottenendo da Altiero Spinelli l’apprezzamento per la sua limpida vocazione europeista.
Ieri la Presidente Meloni ha innescato abilmente una polemica “anti Ventotene” per sostenere una visione confederale dell’Europa. Al limite, si potrebbe scorgere dietro questa polemica un’immagine che ricalca alla lontana la filosofia del Congresso di Vienna (1814), con gli Stati sovrani al centro della scena politica e diplomatica. L’attacco al Manifesto di Ventotene ha fatto leva sugli aspetti “rivoluzionari”. Per tutta risposta, il Pd è parso incapace di enucleare il messaggio più originale del Manifesto, lanciandosi in una sua difesa dogmatica. Così ci troviamo nuovamente alle prese con una contrapposizione anacronistica tra destra e sinistra
È evidente che alcune idee e proposte hanno subito il logoramento della storia. Da cattolico democratico potrei dire che anche i Codici di Malines e di Camaldoli, così come alcune indicazioni tratteggiate nelle “Idee ricostruttive” della Democrazia Cristiana, presentano elementi che oggi non sono più proponibili, come ad esempio alcune reminiscenze del corporativismo. Ciò vale egualmente per il Manifesto di Ventotene: mitizzarlo o idealizzarlo in maniera astratta porta a conclusioni sbagliate.
In conclusione, per affrontare le sfide del nostro tempo e costruire un’Europa che risponda alle giuste aspettative dei cittadini, è fondamentale ritornare al metodo del dialogo costruttivo e della critica rispettosa, evitando la riduzione delle idee a slogan e all’uso strumentale della storia. Solo attraverso questa strada potremo veramente onorare l’eredità dei Padri Fondatori dell’Europa.