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Nessuna dimenticanza a 31 anni dalla strage di Capaci

il Paradiso aveva bisogno di un bagliore. Il cielo contenne il lamento delle sirene e di quelli che si rattristarono, anche vecchi tra loro, quando gente di Stato ci rimise le penne.

Strana lingua il siciliano, bellissima e puntuale anche quando piega l’italiano alle sue forme espressive. “Mi sono fatto persuaso” ed ancor meglio quando sibila: “Mi sono fatto capace” indicando, così, la forza di poter tutto comprendere, assorbire e sopportare. 

Tempo fa, lungo una strada, alla altezza di un paese dal nome profetico, Capaci, ci fu più luce del solito. Il Paradiso aveva bisogno di un bagliore per un cambio di marcia, annichilito dal ritmo costante dell’eternità. In quel punto la terra ebbe un ventre capace di tutto ingoiare, digerendo in anticipo la dimenticanza degli anni a seguire.

Ancor prima un poeta scrisse: “Fan le capaci volte echeggiar sempre / Di giovanili strida…”. Il cielo contenne lo scoppio del tritolo, il lamento delle sirene e di quelli che si rattristarono, anche vecchi tra loro, quando gente di Stato ci rimise le penne.

Capace fa rima con rapace: richiama subito la sfida ad essere in grado di superare il proprio limite. Capaci rimanda alla competizione a chi, tra i vari, alza sempre di più il tiro. È andata come vi ho detto. 

Prima o poi ce ne faremo capaci.

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