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sabato, Marzo 15, 2025
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Non ci sono più giochi da donna e giochi da uomini

Olimpiadi nella bufera. Tante chiacchiere si sarebbero potute evitare se soltanto i vertici dello sport avessero saputo trovare preventivamente una linea di concordia invece, anche loro, picchiarsi come non si conviene.

Anche nello sport si è imposta la promiscuità che ha consentito anche alle donne di praticare il pugilato. Il mondo d’oggi è tutto un mescolarsi e va bene così. Darsele su un ring comporta il ricorso ai pugni, gli inglesi la chiamano “boxe” ma dalla notte dei tempi è la mano chiusa con le dita piegate di una mano ad aver dato vita a questa disciplina. 

In queste ore ferve la polemica in merito al match, a Parigi 2024, tra la nostra Angela Carini e Imane Khelif con la vittoria di quest’ultima per l’abbandono della prima, dopo una manciata di secondo dall’inizio del confronto. Potrebbe dirsi che c’è della santità nel nome di entrambe. Di Angela è inutile commentare. Imane vuol dire “Fede” e deve essere questo dono che l’ha evidentemente sostenuta durante ogni suo incontro.

Angela, evidentemente in un momento di sconforto, pare che abbia trascurato di salutare dopo la sconfitta la vincitrice che era andata da lei per abbracciarla.  Forse era distratta o affranta dalla delusione ed ha mancato un gesto di sportività. Un pugno più forte di una bordata l’ha indotta a ritirarsi a meno di un minuto dall’inizio del primo round ed è rimasta, dopo anni di sacrifici, con un pugno di mosche in mano e gli è sfuggita dal pugno la situazione.

La sua Federazione, o chi per lei, avrebbe potuto sbattere tempestivamente i pugni sul tavolo, protestando per il fatto che il Comitato olimpico internazionale abbia ammesso Imane, affetta da un iper androginismo femminile, sembra causato dalla sindrome delle ovaie policistiche, a poter pugilare. Forte di una massa muscolare mascolina, da opporre fronteggiando altre donne, Imane potrebbe essere avvantaggiata a prevalere.

Angela avrebbe potuto stringere i pugni per la rabbia ed esplodere poi in escandescenze; avrebbe potuto reclamare contro una decisione che fa a pugni forse con il buon senso, ma non lo ha fatto. Forse potrà un domani battersi i pugni al petto per non essere riuscita ad arginare meglio la sua avversaria. 

Khelif è al centro delle polemiche. In precedenza, è stata esclusa dai Mondiali di boxe, dall’International Boxing Association (IBA) in virtù di una decisione fondata per aver riscontrato, in Imane, livelli elevati di testosterone e per la presenza di cromosomi maschili nel test del DNA.  

Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO), si è dato regole diverse di ammissibilità anche per chi è intersessuale, da qui urla di scandalo e di recriminazioni da più parti. Non sarebbe stato male se in vista delle Olimpiadi le diverse organizzazioni dello sport si fossero sedute al tavolo e tirare fuori uno straccio di decisione unanime, posto che ci saranno in futuro nuove occasioni per strepitare e contestare. 

Se a monte c’è disordine, non si può pretendere che a valle l’acqua scorra liscia senza esondare in guazzabuglio. Tentando di semplificare le contese in corso tra i pro e i contro una tesi o l’altra, e senza tantomeno saper di scienza, viene da pensare a ciò che appare evidente ma sfugge alla diatriba in corso. La foga dei commentatori acceca ciò che sembra lapalissiano.

Se l’iperandroginismo è una malattia, al pari di altri malanni, dovrebbe impedirsi ad un atleta di cimentarsi, anche contro la sua volontà. Ciò in omaggio alla tutela della sua salute. Se non fosse questa l’ipotesi è legittimo il semaforo verde a che salga sul quadrato per scazzottarsi. Resta il dubbio sulla soddisfazione che Imane ne ricaverà, alla fine dei conti, per una vittoria raggiunta in virtù di una sua particolare condizione fisica.  Potrebbe, in via di ipotesi, anche riportarne frustrazione più che gaudio, tutto a dispetto dei tanti sacrifici a cui si è comunque sottoposta per competere nella boxe. A quelli che le imprecano avverso, intimandole di combattere piuttosto tra gli uomini, si dovrebbe ricordare che parimenti sarebbe una ingiustizia non tollerabile perché è una donna e ne avrebbe sempre la peggio.

Tante chiacchiere in movimento si sarebbero potute evitare se soltanto i sapienti vertici dello sport avessero saputo trovare preventivamente una linea di concordia invece, anche loro, picchiarsi come non si conviene, ciascuno smentendo l’altro. Si ha la sensazione che sia gente abile a giocare a “rimandino” così da scoppiargli la questione e il pugno in mano. C’è dell’infantilismo da quelle parti, gente più abituata ad attardarsi in pugnette verbali che a dare una disciplina ed una regola propria dove sarebbe più opportuno. C’è pendente una medaglia d’oro, di una lega che scotta. Attenzione a maneggiarla. Forse sarà ripescata tra qualche secolo sul fondo delle opache acque della Senna, insieme, chissà, ad un senno ritrovato.