Gli scricchiolii che si avvertono nel destra-centro di governo suggeriscono all’opposizione di fare ogni sforzo per comporre i dissidi e imbastire una coalizione credibile in grado di affrontare con possibilità di successo un eventuale turno elettorale anticipato. Matteo Renzi, come sempre il più veloce di tutti nella tattica politica, ha colto al volo i segnali ed ha re-impostato, una volta di più, la propria linea, ritornando a vele spiegate nel centro-sinistra sull’onda del suo nuovo ruolo nella fondazione di Tony Blair. Peccato, però, che di questi posizionamenti tattici dei politici agli elettori non importi nulla. Ciò che interessa loro o, meglio dire, a quella parte di astenuti che non si riconosce nel conflitto bipolare destra vs. sinistra preferendone uno più mediato centro-destra vs. centro-sinistra, è la costituzione di un forte partito in grado di controbilanciare i radicalismi che inevitabilmente tendono a emergere, a volte a riemergere, a destra come a sinistra. Il ruolo che ai tempi dell’Ulivo seppero svolgere dapprima i Popolari e dopo la Margherita e che oggi, pare, sul versante opposto i fratelli Berlusconi vorrebbero veder esperito da Forza Italia.
Non è quindi il passaggio di Italia Viva al centro-sinistra, pronta a utilizzare la sua marginalità elettorale per lucrare qualche seggio parlamentare, ciò che serve al centro-sinistra per contendere la vittoria alla Destra (anche conquistando elettori che in assenza di alternative credibili nel campo del centro-sinistra potrebbero individuare proprio in Forza Italia una possibile risposta alle loro idee) è una forza politica in grado di esercitare un’attrazione verso l’elettorato “centrista” liberale, riformista, cattolico sociale: in grado di pesare per i voti che saprà conquistarsi e per quelli – che valgono doppio – che saprà erodere a Forza Italia, ovvero al centro del destra-centro oggi al potere.
Questa forza, però, oggi non c’è. A sinistra, e nel Pd, in molti non la vogliono veder nascere. Per radicalismo, alcuni; per opportunismo, altri. Il punto è che il Pd avrebbe dovuto includere in sé medesimo detta area politica riformista (con la famosa “vocazione maggioritaria”) ma le cose sono andate diversamente da come avrebbero dovuto e oggi quel partito con la guida di Elly Schlein è divenuto un partito di sinistra, cosa in sé legittima e non disdicevole ma oggettivamente diversa da quella che fu la sua ragione costitutiva. Un partito sottoposto a spinte radicali, talvolta massimaliste su tutta una serie di tematiche nel quale le componenti più moderate hanno un peso assai relativo e quella cattolico-democratica, in particolare, ancora meno (ormai anche in termini di voti, come si è visto alle elezioni europee).
Questa forza politica di centro-sinistra non la vogliono neppure i vecchi soci dell’abortito Terzo Polo: illuso Calenda di poter ritrovare lo smalto e l’attrattività ormai perduti, cinico Renzi nel rivendicare i (pochi) voti ottenuti e farli pesare nel campo larghissimo che dovrebbe essere guidato dalla segretaria del Pd (ma non tutti in Italia Viva paiono d’accordo, sul punto).
Costruire una nuova Margherita resta così un’esigenza reale (naturalmente solo per chi vorrebbe un centro-sinistra forte e competitivo) ma al momento non c’è nessuno che manifesti l’ardire di provarci. Lasciando però, così, uno spazio di lavoro non piccolo a Forza Italia e quindi di vittoria per i conservatori: un’area che, si è visto, Meloni vuole continuare a presidiare sia perché il suo Dna e quello del suo partito sono quello che sono, ovvero di destra radicale, sia perché sottoposta alla competizione aggressiva di Salvini, che con la costituzione dei Patrioti Europei ha messo a segno un punto a suo favore. C’è dunque uno spazio di lavoro importante. Chi vuole provare a incaricarsene?