La sua lista alle regionali sarde ha ottenuto lo 0,3 %, poco più di duemila voti e l’Udc di Cesa il 2,8%, 19.056 voti. Passi per Cesa, organico da tempo della destra leghista col suo alter ego padovano De Poli, ma ciò che lascia interdetti è la lettera post voto di Gianfranco Rotondi alla Meloni: “Cara Giorgia, convoca subito un vertice con Maurizio Lupi, Lorenzo Cesa, me e Cuffaro. Facciamo sì che questa nostra area di confine sia ricondotta a una sintesi unitaria, in coordinazione con FdI”.
Spiace che una persona intelligente come Rotondi, allievo della scuola politica avellinese di Gerardo Bianco, con il quale abbiamo condotto molte iniziative nella Dc, e più precisamente nella corrente di Forze Nuove, si sia ridotta al galleggiamento permanente; prima con il Cavaliere e, adesso, con Fratelli d’Italia. In poco tempo da “miglior fico del bigoncio”, Rotondi si è ridotto al ruolo di consulente turiferario e inutile supporto della destra. Altro che “area di confine”, semplicemente guardia confinaria in attesa degli ordini della “capa”.
È ormai chiaro che l’appello lanciato a un’area di destra come quella di Lupi, Cesa e Cuffaro, alla vigilia di altre scadenze elettorali regionali, come quelle dell’Abruzzo e della Basilicata e in attesa di quelle prossime europee, ponga anche a tutti noi, che continuiamo a credere nel progetto di ricomposizione dell’area politica cattolica, la necessità di scelte da farsi nella chiarezza senza infingimenti.
Apparteniamo a quell’area politica cattolico democratica, liberale e cristiano sociale che si considera alternativa alla destra nazionalista e sovranista, oggi dominata dal partito di Fratelli d’Italia, distinta e distante da una sinistra tuttora alla ricerca di una sua più forte e certa identità.
Siamo convinti che al Paese, che vive una condizione di anomia sociale, culturale e politica, caratterizzata dalla divisione sempre più marcata tra interessi e valori dei ceti medi produttivi e delle classi popolari, serva la nascita di un centro politico nuovo ampio e plurale, espressione delle culture essenziali della nostra Repubblica: popolare, liberale, repubblicana, socialista.
Come ha insegnato il voto della Sardegna, servirà un’ampia alleanza con quanti credono nei valori dell’umanesimo cristiano e nei principi della nostra Costituzione repubblicana. Premessa indispensabile per tale alleanza resta quella di favorire la più vasta ricomposizione politica possibile dell’area cattolica, se non ci si vuole ridurre a ruoli subalterni e ininfluenti delle componenti più attrezzate.
Sono vari i cantieri che stanno lavorando in tale direzione e, finalmente, funziona anche un tavolo di coordinamento che favorisce il dialogo. Si tratta di non indugiare, tenendo presente che alle regionali sarà inevitabile scegliere tra blocchi alternativi, mentre alle europee varrà la legge proporzionale. Per entrambe le scadenze, in ogni caso, sarà indispensabile definire una nostra piattaforma di programma ispirata ai nostri valori di riferimento, in base alla quale decidere con chi schierarci alle regionali, preparandoci a dar vita a una nostra lista per le elezioni europee, con l’obiettivo di presentarci ancor più forti alle politiche, che potrebbero svolgersi prima della loro scadenza naturale. Non è più tempo per i galleggianti seriali e degli opportunisti che da troppo tempo vivono di rendita. È tempo di ridare voce alla nostra base e ai tanti liberi e forti che si riconoscono ancora nelle culture politiche sturziana e degasperiana, che costituiscono tuttora una delle eredità più preziose della storia repubblicana nazionale.