OCCIDENTE-BRICS, UN DIALOGO POSSIBILE ANCHE GRAZIE ALL’ITALIA.

Tocca all'opinione pubblica e alle forze politiche, nelle modalità più appropriate e responsabili, dibattere le opzioni per giungere alla pace in Ucraina e prospettare una strategia per il dopoguerra.

La guerra è sempre un inutile e intollerabile spreco di vite umane (e rivela pure con spietatezza quali siano le classi sociali e gli stati “spendibili” e quelli no). Non fa eccezione la guerra in Ucraina, deliberatamente “seminata” negli anni dal 2014 in avanti da una parte, la “nostra”, e colpevolmente non evitata dall’altra, la Russia, nonostante le gravi provocazioni ricevute e nonostante possa contare su innumerevoli strumenti di pressione e su una invidiabile reti di relazioni e di alleanze internazionali, con cui avrebbe potuto cercare comunque una soluzione diplomatica al conflitto nel Donbass.

Ma tant’è. A questo punto siamo giunti. Quando il sistema di alleanze di cui fa parte l’Italia si schiera, le nostre istituzioni si schierano. Tocca piuttosto alla opinione pubblica, e alle forze politiche nelle modalità più appropriate e responsabili, dibattere le opzioni per giungere alla pace, avanzare domande, prospettare una strategia per il dopoguerra. Partendo dal considerare tutti gli scenari possibili (almeno quelli immaginabili) tra i quali anche quelli più sfavorevoli per ciascuna parte. Come, ad esempio, ha provato a fare il sociologo Mauro Magatti, nel suo editoriale di ieri su Avvenire. In particolare quali potrebbero essere le conseguenze per l’Europa di una non vittoria in Ucraina? E per la Nato? Come si comporterebbe la Turchia nel caso? Uno sguardo sullo scenario peggiore aiuta a guardare con più realismo a quelle che sono le reali posizioni delle parti anziché a quelle che si vorrebbe che fossero.

La linea della Russia verso l’Occidente appare chiara, sintetizzabile nel seguente modo: “smettetela di pestarci i piedi, in passato non avete voluto riconoscere la neutralità dell’Ucraina, anzi ve la siete presa, comprata, l’avete militarizzata; ora dovrete accettare la sua divisione”. Stop, nessuna ulteriore minaccia. Invece la linea dell’Occidente verso la Russia rischia di risultare più ambigua. Nessuno sano di mente in Europa (ad eccezione della setta neocon, che, anche in Italia, detta la linea nelle redazioni) si sognerebbe di cimentarsi in una guerra che abbia come obiettivo ultimo lo smembramento della Russia, passando dalla “liberazione” di tutti i territori dell’Ucraina (cosa che nella situazione data viene interpretata da Mosca come una dichiarazione di guerra totale). Anche una parte dell’establishment americano sembra essere di questo avviso.

Ma c’è un’altra parte di élite occidentale, espressione del “magico” mondo della speculazione finanziaria, di alcuni fra i giganti del digitale, che controlla pressoché integralmente la catena dell’informazione occidentale, che coltiva il sogno, la distopia, di un “proprio” governo mondiale e che vede nel multipolarismo che nei fatti si sta affermando, una alternativa (per loro una minaccia) a questo loro progetto di potere, e quindi appare determinata ad andare fino in fondo nel regolare i conti con la Russia. Questo, e non altro, a giudizio di molti osservatori a livello internazionale, costituisce il principale ostacolo al dialogo e alla pace. Un ostacolo che solo l’Occidente, cominciando dal suo centro, gli Stati Uniti, può cercare di rimuovere dal proprio interno, prima che possa scoccare l’ora di una concatenazione di eventi inarrestabili.

Se invece dovesse perdurare l’attuale situazione di stallo nel potere americano, con i neocons che spingono per l’escalation del conflitto in Europa, e l’ala “realista” non sufficientemente forte per imporre una definitiva via d’uscita ma ancora in controllo della situazione, su impulso di quest’ultima gli Stati Uniti potrebbero finire per puntare proprio ancora sull’Italia per superare il loro attuale arroccamento su un unilateralismo d’altri tempi, puntando sul fatto che il nostro Paese possa fungere in qualche modo da ponte se non addirittura da apripista, verso il mondo dei Brics. E così magari la strettissima collaborazione che si registra tra Algeri e Roma in campo energetico (frutto, per parte italiana di una totale intesa bilaterale con gli Usa)  potrebbe finire per rivelarsi ancor più preziosa in futuro nell’avvicinare l’Occidente, attraverso l’Italia, al formato Brics Plus (i Brics allargati) del quale l’Algeria va a costituire un perno fondamentale. Non a caso il prossimo vertice Brics che la presidenza di turno sudafricana sta organizzando per il prossimo agosto, avrà per tema proprio “BRICS e Africa”. 

Forse un giorno si giungerà a un accordo di pace sui territori contesi in Ucraina. Ma ciò che potrà renderlo stabile e duraturo, dipenderà innanzitutto da un riconoscimento reciproco tra Occidente, Russia e le altre nuove potenza di questo secolo, come attori con pari dignità nella definizione della politica mondiale. Una cosa appare sin d’ora abbastanza chiara: opporsi al multipolarismo solo con la guerra, impedisce all’Occidente di concorrere a guidarlo e ci espone al rischio di doverlo poi in qualche modo subire.