POPULISMO, L’AVVERSARIO DA BATTERE.

È il tarlo che corrode la nostra democrazia, l’elemento che introduce nella dialettica politica reale la deriva trasformistica ed opportunistica. In effetti, il populismo resta il pericolo politico, culturale ed etico maggiore se vogliamo realmente invertire la rotta della politica italiana.

C’è un grande ostacolo da rimuovere se si vuol perseguire sino in fondo il triplice obiettivo di rilanciare la politica, ridare un ruolo ai partiti popolari e democratici e riscoprire le culture politiche tradizionali che sono in grado di archiviare la mediocrità del dibattito pubblico di questi ultimi anni. E questo ostacolo da rimuovere lo si definisce con un semplice sostantivo: populismo. Perchè il populismo è il tarlo che corrode la nostra democrazia, è il metodo che criminalizza tutto ciò che è riconducibile al passato e, in ultimo, introduce nella dialettica politica reale la deriva trasformistica ed opportunistica. E questo per la semplice ragione che il populismo non ha una cultura politica, non ha una storia politica nè, tantomeno, un progetto politico di medio/lungo periodo. Per non parlare della classe dirigente… E, di conseguenza, chi cavalca la deriva populista è disposto a tutto pur di restare al potere o di conquistare nuovi consensi trasversali.

Ora, senza disperdersi in lunghe analisi, è appena sufficiente fotografare il comportamento concreto del partito populista per eccellenza, cioè il partito di Grillo e di Conte, in questi ultimi anni per avere la precisa consapevolezza di come si declina il populismo nella concreta dialettica politica italiana. E se questo partito ha avuto un brusco rallentamento elettorale alle ultime elezioni politiche, non si può non ricordare che i consensi ai populisti pentastellati continua ad essere significativo. Certo, uno degli elementi decisivi di questo consenso massiccio è dovuto al fatto che essendo un partito senza linea e senza alcun progetto politico, può coprire tutte le parti in commedia, come si suol dire. E cioè, ad esempio, dopo essere stati fortemente europeisti ed atlantisti durante la prima fase del conflitto russo/ucraino, nell’arco di pochi giorni diventare scientificamente pacifisti se non addirittura equidistanti. E, ancora, nell’arco di poche settimane si diventa sostenitori per eccellenza della sub cultura assistenzialista e pauperista del nostro paese senza battere ciglio. Per non parlare dell’ultima vocazione ecologista ed ambientalista. Insomma, come si suol dire, ci troviamo di fronte ad un approccio politico che contempla “il tutto e il contrario di tutto”.

Ecco perchè il populismo è pericoloso e soprattutto insidioso per chi crede nel recupero di credibilità ed autorevolezza della politica e dei suoi strumenti principali, cioè i partiti e le culture politiche. E può rappresentare, purtroppo, un vulnus che blocca lo stesso rinnovamento della politica dopo una stagione all’insegna della improvvisazione, del decadimento etico e del “nulla della politica”, per dirla con Mino Martinazzoli. Stupisce, al riguardo, che il partito erede della storica filiera della sinistra italiana del Pci/Pds/Ds, cioè il Partito democratico, pensi ancora di stringere alleanze organiche con il partito populista per eccellenza, declinandola come alleanza “dei progressisti”.

Ma, al di là di questo ‘mistero’ politico, è indubbio che il populismo era, è e resta il pericolo politico, culturale ed etico maggiore se vogliamo realmente invertire la rotta della politica italiana rispetto a ciò che è concretamente capitato in questi ultimi tempi. E questo al di là della costruzione delle rispettive coalizioni politiche e della stessa dialettica politica contemporanea.