C’è un fatto politico di straordinaria importanza che caratterizza la politica italiana in questa fase convulsa e singolare: si riparla, cioè, del Centro e della necessità di declinare una altrettanto necessaria ed indispensabile “politica di centro”. E questo è un dato importante perché evidenzia, forse, che si può battere o almeno ridimensionare quella radicalizzazione del conflitto politico che ormai da troppo tempo domina in modo persin incontrastato l’intera politica italiana. Tanto sul versante del centro destra quanto e, soprattutto, su quello del centro sinistra. Della necessità, cioè, di riavere come protagonista una ‘politica di centro’ nel nostro paese.
Certo, nei due campi politici la situazione è profondamente diversa. Nel campo della attuale maggioranza di governo c’è un partito – Forza Italia – che è dichiaratamente ed esplicitamente centrista e che cerca di declinare, di conseguenza, quella che comunemente viene definita come
‘politica di centro’. E, accanto a Forza Italia, c’è la piccola ‘zattera’ di Lupi che cerca di riproporre una cultura politica di centro.
Più complessa e articolata la situazione nel campo della coalizione progressista. Più complessa perché ci sono più soggetti politici – partiti, movimenti, leader e potenziali ‘federatori’ – che contribuiscono a declinare un progetto e una cultura centrista. Di vario genere. Dai partiti personali di Matteo Renzi e Carlo Calenda al neo partito di Marattin, Marcucci, Giannino e Cottarelli; dai radicali di +Europa ai cattolici centristi e moderati del Pd; dal potenziale federatore di centro nonchè sindaco di Milano Sala all’ex Direttore dell’Agenzia delle Entrate Ruffini. E questo, per dirla con Donat-Cattin, “allo stato dei fatti”.
Ora, però, al di là della geografia che attualmente caratterizza l’area centrista nel nostro paese, è indubbio che c’è un dato politico e culturale che non si può non evidenziare e che va salutato positivamente e con incoraggiamento. E cioè, la crescita esponenziale e un rinnovato protagonismo politico, culturale, valoriale delle forze centriste può segnare una progressiva ed irreversibile inversione di tendenza. E cioè, contribuire a battere quella radicalizzazione della lotta politica che era e resta il vero nemico per la stessa conservazione della qualità della democrazia italiana. Una cultura, questa, che potrebbe anche cambiare gli stessi equilibri politici e nei relativi schieramenti. Perché un fatto è abbastanza oggettivo. Se sono le forze di centro ad imporsi nelle rispettive coalizioni o, perlomeno, a condizionarne pesantemente il progetto politico, è altrettanto evidente che l’attuale radicalizzazione è destinata ad entrare progressivamente in crisi. E, sotto questo aspetto, c’è una cultura che può giocare sino in fondo questa scommessa. E la cultura è quella riconducibile alla tradizione, alla storia, al pensiero e alla stessa prassi del cattolicesimo democratico, popolare e sociale.
Ecco perché, forse, siamo alla vigilia di un nuovo e profondo cambiamento della politica italiana contemporanea. Dipende prevalentemente, se non esclusivamente, anche da noi, seppur con
accenti, approcci e modalità diversi.