Secondo le previsioni della vigilia, le elezioni in Austria hanno fatto registrare la vittoria del Partito della Libertà (ÖFP), formazione di estrema destra, che ora ambisce a porre un’ipoteca sulla formazione del governo. Secondo le proiezioni iniziali, l’ÖFP ha raggiunto il 29,1% dei voti, superando il Partito Popolare Austriaco (ÖVP) dell’attuale cancelliere Karl Nehammer, fermo al 26,3%. Al terzo posto si sono posizionati i Socialdemocratici con il 21%, mentre i Verdi, partner di coalizione dell’ÖVP nel governo uscente, hanno subito un calo significativo, scendendo all’8,6% (rispetto ai risultati del 2019 in cui l’ÖFP aveva ottenuto il 16,2%). Come in Germania, il crollo dei Verdi si manifesta con caratteri che adombrano una vera crisi d’identità e rappresentanza.
Alla luce dei risultati, Karl Nehammer ha confermato la sua posizione nei confronti dell’ÖFP, dando ancora per scontato che di collaborare con il leader di questo partito, il contestato Herbert Kickl, non se ne parla. Tuttavia, in modo sibillino, ha lasciato socchiusa la porta a un’eventuale accordo di centro-destra, a condizione che Kickl non faccia parte dell’esecutivo. Si tratta di un azzardo, una scommessa che forse gioca sulla impraticabilità della soluzione appena vagheggiata. Curiosamte, pur avendo condotto i suoi alla vittoria, il leader dell’ÖFP dovrebbe farsi da parte. Uno scenario a dir poco fantasioso.
Non è da escludere, allora, che in questa situazione si apra la possibilità di un ritorno alla già sperimentata coalizione tra Popolari e Socialdemocratici, con o senza il coinvolgimento dei liberali del NEOS, che hanno ottenuto circa il 9% dei voti. Questa prospettiva richiama lo scenario che si sta profilando in Germania in vista delle elezioni del prossimo anno, dove si potrebbe assistere a una riedizione della cosiddetta Grosse Koalition, seguendo il modello che sembra delinearsi ora in Austria. In sintesi, ciò che è accaduto oggi a Vienna potrebbe prefigurare quello che accadrà domani a Berlino.