Al di là dei personalismi, dei rancori, dei trasformismi e dei noti e collaudati opportunismi, nella saga che sta dilaniando il cosiddetto “campo largo” o “Fronte popolare” che dir si voglia, una cosa sola è sicura e certa. Ovvero, in quella coalizione il Centro e tutto ciò che è riconducibile al Centro è semplicemente alternativo. Del resto, l’alleanza di sinistra di oggi è radicalmente diversa dalle esperienze del passato. In sè un fatto abbastanza scontato ma, al contempo, un dato da cui non si può prescindere allegramente. Cosa centra, detta in termini ancora più crudi, il centro sinistra di D’Alema e Marini o quello di Veltroni e Franceschini con il blocco della sinistra radicale e massimalista della Schlein, della sinistra populista e demagogica di Conte e quella estremista e fondamentalista del trio Fratoianni/Bonelli/Salis? Certo, è la naturale evoluzione della politica italiana ma si tratta anche di prendere atto di un elemento costitutivo e quasi strutturale che differenzia profondamente il profilo politico e la cornice programmatica di questi due progetti politici. E, di conseguenza, delle rispettive alleanze e coalizioni di riferimento.
Insomma, diventa anche un’operazione patetica quella di creare ad arte, cioè a tavolino, una gamba centrista all’interno di questa coalizione di sinistra. Patetica perché assistiamo ad uno strano balletto. Ovvero, esponenti del Pd – tra cui svetta l’ineffabile Bettini – che indicano settimanalmente esponenti del Pd che dovrebbero incaricarsi di costruire o ricostruire un’area di centro all’interno della coalizione. Ora, al di là del fatto che assomiglia sempre di più ad una operazione che ricorda gli antichi “partiti contadini” di comunista memoria, si tratta francamente di escamotage che fanno sorridere anche i disertori radicali delle urne. In altre parole, ma come può essere credibile una gamba, un’area o una rappresentanza del Centro moderato, popolare e riformista quando viene pianificata dall’azionista di maggioranza della coalizione e, soprattutto, che sarebbe guidata addirittura da un esponente del suddetto partito? Un’operazione più ridicola che seria, più macchiettistica e goliardica che politica. Ed è proprio l’esperienza del passato a confermarci questo assunto. Ovvero, il tradizionale e competitivo centro sinistra è solo quello – sembra un ossimoro ma è così – che contempla al suo interno una sinistra riformista e anche massimalista ma che dev’essere, comunque sia, minoritaria, e un Centro visibile, credibile, rappresentativo e autenticamente riformista. Se, invece, come capita, il Centro viene costruito a tavolino da ex e post comunisti e la sinistra è schiettamente e plasticamente radicale, massimalista e populista, semplicemente ci si trova di fronte ad un’altra offerta politica.
Radicalmente diversa dal passato e destinata, com’è evidente a quasi tutti, ad essere politicamente monca perchè nè esaustiva e nè rappresentativa di tutti i segmenti della coalizione. E questo ancora al di là del trasformismo, dell’opportunismo e litigi infantili dei capi dei due partiti personali che ambiscono a rappresentare l’area di centro, cioè Renzi e Calenda. Ecco perché, e al di là di molte riflessioni e retroscena, è tutto molto più semplice di quel che appare. Il Centro in una coalizione dominata dalla sinistra estremista non ha spazio, ruolo e funzione. Detta in altri termini, non ha alcuna “mission” specifica. Per questi motivi, attualmente, da quelle parti semplicemente non esiste.