Forse ha ragione Lucio D’Ubaldo con la sua provocazione. Il cosiddetto ritorno alla normalità dopo l’emergenza sanitaria nazionale, non può non contemplare anche il ritorno della democrazia.

Anche e soprattutto a livello locale. Perchè – ed è quasi scontato ricordarlo – è ovvio che in tempi di emergenza le decisioni devono essere rapide, svelte e il più possibile efficaci. Ma è altrettanto indubbio che la eccessiva velocità decisionale è direttamente proporzionale alla riduzione degli spazi democratici. Una riduzione che è riconducibile a questa terribile pandemia che ha annullato, di fatto, la fisicità. Cioè la concreta possibilità di incontrarsi, di parlare liberamente e di ritrovarsi con le modalità organizzative che storicamente caratterizzano le società libere e democratiche. Come quella, del resto, che sperimentiamo da oltre 70 anni.

Ora si tratta, però, anche di recuperare quel deficit di democrazia che abbiamo subito in questa fase. A livello locale come a livello nazionale. Perchè non si vive di sole ordinanze, di soli decreti e di soli Dpcm. Queste sono modalità che, se non vengono limitate e circoscritte, rischiano di indebolire e di incrinare il tessuto democratico. E questa prassi si può e si deve invertire a partire proprio dalla dimensione locale.

Dai comuni. Per chi, come noi, approda alle istituzioni attraverso “la palestra democratica per eccellenza, cioè il Comune”, come diceva con rara efficacia Luigi Sturzo agli inizi del ‘900, ha il dovere di contribuire a rilanciare lo spirito e l’afflato democratico ripartendo proprio dai Comuni. A prescindere dal ruolo istituzionale che possiamo avere di volta in volta. E questo perchè l’esercizio della democrazia non può subire interruzioni o pause.

È una cultura, una prassi e un costume che accompagnano e caratterizzano ogni momento della vita politica e della vita pubblica. E, dopo una emergenza che ha sconvolto la normale e fisiologica prassi democratica della politica italiana, forse è giunto anche il momento di ripristinare le normali modalità del nostro ordinamento repubblicano. E la ripartenza non può che avvenire dai Comuni.