Ora tocca ai laici definire una iniziativa politica

Un tema già affrontato recentemente, e in più di una occasione, dal cardinal Gualtiero Bassetti sulla base della necessità che il Paese avverte di ritrovare un convergere costruttivo attorno al “ bene comune”.

Il cardinal Pietro Parolin ricordando la figura di Giuseppe Toniolo, cosa di cui Il Domani d’Italia ha dato un puntuale resoconto, è tornato sulla questione del ritorno dei cattolici all’impegno sociale e politico con una lettera  inviata all’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, in occasione del convegno per il centenario della morte del beato studioso cattolico, organizzato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

Un tema già affrontato recentemente, e in più di una occasione, dal cardinal Gualtiero Bassetti sulla base della necessità che il Paese avverte di ritrovare un convergere costruttivo attorno al “ bene comune”. L’esperienza dei popolari e dei cattolici democratici rappresenta una parte fondamentale della storia del Paese, assieme a quella di altri filoni di pensiero che, pure, devono riuscire a ritrovare le ragioni di una presenza, perché ricchezza di elaborazione, di proposta e d’impegno.

A questo convergere anche i cattolici, scomparsi politicamente dopo il voto del 4 marzo scorso, hanno il dovere, oltre che il diritto, di portare un loro specifico contributo richiamando i principi della Solidarietà e della Sussidiarietà, due tra i cardini della Dottrina sociale della Chiesa, assieme ad una decisa adesione allo spirito ed alla sostanza della Carta costituzionale, capaci di garantire e consolidare l’evoluzione delle libertà e della democrazia nel nostro Paese.

Le importanti riflessioni dei due cardinali che, ovviamente, lasciano ai laici la responsabilità delle forme e dei contenuti concreti attraverso cui sia possibile l’articolazione di una rinnovata partecipazione alla vita pubblica di chi è ispirato cristianamente, giungono alla vigilia del centenario dell’Appello ai Liberi e forti di don Luigi Sturzo.

Quell’appello segnò un passaggio davvero rivoluzionario per i cattolici e l’intera società italiana. Esso, infatti, portò in una dimensione più compiutamente politica i precedenti auspici del Toniolo: “apertura di orizzonti, uno sguardo illuminato sui processi sociali, culturali ed economici”.

Quei presupposti, con il resto della sua elaborazione, anche quella sullo Stato, uno dei richiami più forti in Alcide De Gasperi, fanno dello studioso cattolico il primo consolidato punto di riferimento grazie al quale è stato possibile definire un impegno sociale quale spinta fondamento della crescita del movimento popolare e democratico cristiano in Italia e in Europa.

Il segretario di Stato vaticano introduce, inoltre, una nota importante nella sua lettera. Ci rende noto, infatti, anche l’auspicio di Papa Francesco sul fatto che i cattolici italiani “ imparino da questo loro insuperato ‘maestro’ a interrogarsi sull’urgenza di una nuova stagione del loro impegno sociale e politico che, senza annullare le legittime differenze, si inalvei in percorsi unitari di orientamenti e propositi, sottraendo la presenza cattolica nella società alla tentazione dell’indifferenza e al rischio dell’irrilevanza”.

Sollecitazioni forti che, non entrando oltre un campo che non può essere proprio della Gerarchia, individuano con chiarezza i contenuti di una rinnovata presenza.  

Giungono dopo che, con le elezioni del 4 marzo scorso, è stata conclamata la condizione di irrilevanza in cui è finita, dentro e fuori del Parlamento, la presenza pubblica del laicato cattolico italiano. L’indifferenza cui fa riferimento il cardinal Parolin costituisce, già ben prima delle ultime elezioni generali italiane, una caratteristica abbastanza precisa. Se è vero, come in molti pensiamo, che una buona porzione degli astenuti dal voto appartengono al nostro mondo, insoddisfatti come sono delle esperienze consumate con il centro destra e, parimenti, di quelle maturate con il centro sinistra.

Adesso, più che mai, la questione riguarda noi laici, la nostra capacità di discernere, analizzare la situazione del Paese e del mondo e cominciare a definire, nel concreto, il modo in cui ciascuno possa rispondere alle necessità verso cui va la sollecitudine dei vertici della Chiesa, in maniera tanto pressante.

Un’iniziativa dei laici sgombra il terreno da molti equivoci. A partire da supposte velleità integraliste o clericali. Che si pensi di organizzare una presenza politica unica ed autoreferenziale. Non si tratta, infatti, di dare vita ad un partito cattolico o dei cattolici. Bensì dell’avvio di un’iniziativa politica che, nel rispetto delle differenze, non tutti i cristiani su ogni punto la pensano allo stesso modo, riscopra quei punti su cui appare necessario individuare “ percorsi unitari di orientamenti e propositi”.

La situazione attuale è confusa, tante sono le caratteristiche nuove che sta assumendo la vita politica italiana.

Questa confusione provoca, tra i cattolici, quello che è stato definito uno “ smottamento” verso la Lega. Questa trova consensi in aree del Paese dove alcuni cattolici ritengono di ricevere una reale attenzione alle loro istanze solamente dal partito di Matteo Salvini e, così, finiscono per sorvolare su altri evidenti limiti di quello che sembra essere oggi il raggruppamento premiato dai sondaggi.

Altri gruppi  cercano di provare a dare vita ad una riaggregazione in quella porzione diversa del centro destra che, a partire da Forza Italia, dice formalmente di richiamarsi al Partito popolare europeo nonostante anche questa realtà abbia largamente disatteso per lunghi anni le richieste degli italiani, in generale, così come molte istanze dei cattolici, in particolare.

Non si può certo dimenticare che nei lunghi anni del “ berlusconismo” si è allargata la forbice tra ricchi e poveri, senza alcuna differenza rispetto ad altri paesi in cui è stata seguita una politica liberista sfrenata e lasciato campo a quella che è stata definita una “ cattiva finanza”. Ancora adesso, Forza Italia sostiene l’idea della flat tax ignorando invece la necessità di impostare una politica fiscale che, facendo pagare proporzionalmente il giusto a tutti, provi a risollevare  la grave situazione in cui è finita la povera genere e, con essa, il ceto medio.

A sinistra vi è chi crede che sia possibile creare una “ corrente cristiana” nel Pd o, comunque, tornare a collaborare con un partito che non ha prestato mai molta attenzione alla Dottrina sociale della Chiesa, vista nella sua interezza e globalità, quindi anche nella sua prospettiva antropologica e morale. E non si tratta solo di richiamare la cosiddetta legge Cirinnà.

Dunque? Già su queste stesse pagine non sono mancati interventi di quanti credono che le riflessioni della parte più avvertita della Gerarchia corrispondono a quelle di un crescente novero di cattolici interessati a tradurre nel concreto il messaggio evangelico della solidarietà sulla base di una presenza autonoma, senza farsi fuorviare da tatticismi ed esigenze elettoralistiche.

E’ un problema di intelligenza politica, perché dobbiamo dircelo chiaramente: molte delle forze verso cui alcuni cattolici tendono nostalgicamente, sulla base delle derive degli ultimi 25 anni, sono prossime alla scomparsa.  Poi di credibilità: non è possibile raggiungere l’obiettivo ambizioso di provare a trasfondere nella vita politica e nella produzione legislativa la forza vivificatrice del cristianesimo partendo da limitate analisi, ambizioni meramente elettorali e scarsità di progettualità. Infine, è un problema di contenuti giacché appare chiaro che nessuna forza politica presente oggi nel Paese sia in grado di presentare un progetto di ripresa, di coesione, di convergenza adeguato a risolvere quei problemi che sono, assieme, morali ed esistenziali, economici, di giustizia sociale  e di riforma istituzionale che, in primo luogo, richiama la questione della rappresentanza e della rappresentatività.

I cattolici democratici, così, abbiano la voglia e la forza di rifare politica, di partecipare al dibattito pubblico. Possono portare la forza dello specifico loro patrimonio di pensiero e di azione che tanto ha rappresentato nella storia del Paese negli ultimi cento anni. Non lo devono fare per loro stessi perché molto l’Italia è cresciuta e si è modificata, ma ancora molto è necessario per rispondere alle attese più profonde che stanno, invece, ricevendo solo risposte parziali ed inadeguate.