Parlare con serietà agli elettori, sostenere la buona comunicazione.

La politica è costruzione, non già demolizione per interessi contingenti; se la democrazia è alternanza, non giova a chi succederà alla provvisoria maggioranza trovare un Paese in difficoltà.

Il linguaggio e il metodo social propongono una comunicazione sloganistica. Invece della spiegazione di un programma con la precisazione delle singole parti da attuare – con che mezzi, in quanto tempo, ecc. – gli elettori dovrebbero decifrare metafore e richiami a vicende non allineate con i loro problemi, in primis l’aumento dei prezzi e delle tasse (basta pensare alla benzina e all’IVA su generi di prima necessità igienica,ecc.).

Anche la precedente campagna elettorale aveva troppo sintetizzato in slogan i messaggi essenziali. Soprattutto l’opposizione deve farsi capire con la precisione di proposte alternative, capaci di mostrare chiarezza di visione e coerenza. L’elettorato si confonde.

È accaduto, per esempio, che il Pd sia scivolato su due leggi costituzionali: nel 2001 ha modificato le competenze delle Regioni di fatto avendo preparato la base per la autonomia differenziata; ancora più grave, se possibile, la svolta a U per la legge costituzionale di riduzione del numero dei parlamentari e, non bastasse, adesso seguirebbe ancora il M5S nel mutamento di impostazione, addirittura in politica estera, con riguardo all’invio di armi in aiuto alla Ucraina.

Nell’attuale sistema bipolare, un po’ sghembo, si impongono alleanze, ma se queste snaturano il profilo della propria parte di appartenenza, sarà difficile farsi capire dai propri elettori. È interesse delle opposizioni contrastare e far emergere le incongruenze e le mancate promesse della “maggioranza regnante!, ma anche contribuire alle eventuali scelte del governo utili al Paese, collaborando in Parlamento per riempire le ‘scatole vuote’, intestandosi eventualmente il successo del proprio intervento.

La politica è costruzione, non già demolizione per interessi contingenti; se la democrazia è alternanza, non giova a chi succederà alla provvisoria maggioranza trovare un Paese in difficoltà. Né si addice alle opposizioni imitare i flashmob che infastidiscono i cittadini laboriosi. Che dire invece della poca affezione a vigilare perché gli eletti interpretino la loro alta funzione “con disciplina e onore?” La spartizione dei posti con l’aumento delle poltrone grida vendetta: si sprecano soldi pubblici in cellulari, segreterie, auto di servizio aggiuntivi, frutto di mediazioni vergognose. Invece mancano i fondi per le leggi sulla disabilità e per gli anziani non autosufficienti.

Moro esortava a riflettere “sulle conseguenze delle conseguenze”. La politica è prevedere e prevenire il futuro. Sarà sempre più attraversata da problematiche etiche, ambito in cui le ideologie devono ritirarsi e lasciar spazio alle coscienze. La disciplina di partito in ambito della libertà più alta, quella della coscienza, in materie non negoziabili, uccide la politica, perché annulla le appartenenze.

Nonostante i social, le relazioni personali, l’incontro con i cittadini, l’ascolto degli enti intermedi crea cultura e appartenenza. Senza fidelizzare gli elettori, i sondaggi hanno poco senso, perché interpretano semmai la volubilità emotiva del momento. L’emergenza educativa riassume come causa e insieme conseguenza tutte le incapacità dei cittadini “a farsi un’idea” di ciò che accade intorno a loro: le guerre, l’Europa, la incertezza del futuro.

Un popolo informato ha meno paura, sa interpretare i fenomeni. Serve una scuola aperta al mondo, una stampa davvero libera per consentire e allenare alla capacità critica. Se per giorni intere pagine di quotidiani replicano le medesime notizie più o meno ‘curiose’, invece di ricordare gli interessi dei cittadini, non fanno un gran servizio nemmeno ai loro editori, vista la perdita di tiratura. Alla emergenza della povertà culturale segue la conseguenza di non possedere competenze che consentano di rivendicare correttamente i propri diritti, come ad esempio in sanità. Creare serenità, invece di insicurezze e diseguaglianze, è il compito fondamentale che deve assumersi la classe dirigente. Anche le emergenze, in conclusione, troverebbero sbocchi nella solidarietà e coesione sociale, perché la complessità’sarebbe compresa e condivisa.