PD, 5 Stelle e il peso dei veti: il centro guarda altrove.

Subire il ricatto dei 5 Stelle è mortificante. I veti non sono più accettabili. Il problema è che il Pd privilegia irresponsabilmente i suoi alleati più radicali e non i centristi.

Come volevasi dimostrare l’opposizione ha perso anche in Liguria, a causa dei veti imposti da Giuseppe Conte e dal silenzioso assenso fornito da Elly Schlein. Dopo il ricatto imposto dal leader 5 Stelle, la sconfitta ligure era facilmente prevedibile, così come lo era stato in Basilicata.

Finora il tandem Schlein-Conte, in sistemi elettorali non proporzionali e senza ballottaggio, ha portato sempre e solo allo stesso risultato: la vittoria del centrodestra. Unica eccezione a questa regola è stata la Sardegna, dove il campo largo ha vinto per gli errori dell’avversario, piuttosto che per i propri meriti.

A furia di imporre veti ai partiti centristi o della galassia liberaldemocratica (in Liguria sono stati espulsi dall’alleanza non solo i renziani ma anche più Europa e i socialisti) la sinistra ha allontanato anche gli elettori riformisti. Questi cittadini di fronte ad un candidato civico, moderato e non populista sono andati a votare per il centro destra, si veda l’analisi dell’istituto Cattaneo. Sono voti persi dal centro sinistra e guadagnati da Bucci, voti che per Andrea Orlando avrebbero fatto la differenza e sarebbero valsi doppio.

Al contrario invece i grillini delusi si sono rifugiati nell’astensione, senza andare ad ingrossare le file avversarie. Questo comporta che ogni voto centrista perso vale dopo rispetto a quelli lasciati a casa dai 5 Stelle.

È innegabile che il veto imposto da Giuseppe Conte sia costato la vittoria all’ex ministro della Giustizia ma sarebbe sbagliato mettere solo il leader 5 Stelle sul banco dei colpevoli. Sicuramente l’ex Presidente del Consiglio ha molte responsabilità in questa sconfitta; tuttavia, anche il Pd e la sua leadership non si sono sforzati minimamente di imporre all’alleato l’accordo con Italia Viva ma hanno accettato quasi silenziosamente il ricatto grillino, rinunciando anche ad alleati storici come il partito della Bonino e i socialisti.

Non credo che una leadership di coalizione possa funzionare in questo modo, accettare il ricatto di Conte vuol dire permettere a lui di guidare con i suoi veti l’opposizione. Peccato che il leader grillino abbia già dimostrato di non aver la stoffa (è stato senza dubbio il peggior premier della storia repubblicana) né i numeri (il misero bottino nella terra del fondatore l’ha dimostrato) per guidare l’alleanza.

Non è stato solo il veto di Conte e il silenzio del Pd ad allontanare i voti centristi, bisogna essere onesti, gli elettori avevano già storto il naso quando a gran voce i leader della sinistra erano scesi in piazza a chiedere le dimissioni di Toti, riportando agli albori una sinistra giustizialista che speravamo di aver lasciato ai libri di storia. Poi sono arrivate alcune indicazioni programmatiche troppe generiche sugli investimenti infrastrutturali e la frittata era ormai fatta, pochi centristi avrebbe potuto votare una coalizione così sbilanciata a sinistra.

Cosa insegna allora questa sconfitta? La prima lezione dovrebbe essere che i veti non sono più accettabili, a chi li propone dovrebbe essere imposta l’autoesclusione dall’alleanza. Sembra però che questo insegnamento la leader del Pd non lo voglia seguire.

Infatti, di fronte ai mezzi veti imposti da Conte per le prossime regionali, il Pd abbia acconsentito. Il simbolo di Italia viva, per esempio, non sarà nelle liste in Umbria e i suoi candidati saranno nascosti in liste civiche.

Non solo, Elly Schlein, intervistata al Corriere e Repubblica, ha detto che l’alleanza riparte dalla sinistra ciò da M5S e Avs e poi si potrà allargare al centro. Ancora una volta il Pd privilegia i suoi alleati più radicali e non i centristi, perché ai partiti centristi non può essere riconosciuta la stessa dignità degli altri alleati?

Secondo voi facendo così cosa faranno i cittadini moderati? Guarderanno da un’altra parte o si asterranno. Di fronte a questa imposizione, cosa dicono i riformisti del Pd? Si ricordano che il partito non è stato fondato solo da ex diessini ma anche da ex popolari?

La seconda lezione riguarda il programma. È necessario fornire ai cittadini risposte serie e non più populiste. Quello che nessuno ha capito dell’alleanza proposta dal Pd è il seguente punto: ci sia allea ma per fare cosa? Sarà forse arrivato il momento di fare qualche proposta seria e non solo slogan?

Infine, è urgente per la galassia centrista ritrovare un percorso di unità e di ricostruzione delle varie anime, le guerre personali tra leaderini non servono a nessuno. Ben venga anche l’innesto di nuove personalità o di nuovi federatori purchè non sia un papa straniero ma un leader capace di smussare vecchi rancori e di valorizzare le idee portate avanti da noi cattolici, liberali e riformisti.

Le alleanze si possono fare ma nessuna collaborazione potrà essere portata avanti se ci chiederanno di rinunciare alla nostra indipendenza e intelligenza.