Però, forse, adesso è arrivato il momento per dire parole chiare su questa benedetta alleanza politica tra il Pd e i 5 stelle. Ora, tutti sappiamo quali sono state le motivazioni reali per cui è nato questo governo lo scorso anno. Al netto della deriva autoritaria, della destra illiberale, della concentrazione dei poteri o del possibile ritorno della minaccia fascista – tutte tesi che, come ovvio, non hanno alcuna rispondenza nella realtà italiana di tutti i giorni – gli unici due elementi che sono stati decisivi per la formazione del governo erano, da un lato non scivolare nelle elezioni anticipate per evitare una quasi certa vittoria del centro destra e, dall’altro, garantire lo stipendio assicurato a chi ha trovato nelle elezioni politiche del 2018 una fortuna non replicabile. Dopodichè il Governo è decollato e meno male che c’è e che continua ad operare, seppur tra mille difficoltà e contraddizioni, come dimostrano concretamente gli avvenimenti di questi giorni.
Ma, al di là di questa considerazione ormai nota e unanimemente conosciuta e che non è certamente una notizia, adesso è il momento della scelta politica. E, soprattutto, della chiarezza. Parlo della alleanza o della coalizione futura tra il Pd e il partito dei 5 stelle. E questo, a maggior ragione, in vista delle ormai prossime consultazioni elettorali amministrative nelle maggiori città italiane. Sotto questo versante, come capita spesso, l’unico esponente politico di rango ad essere stato chiaro e trasparente sin dall’inizio è stato Dario Franceschini che ha sostenuto, con coerenza e tempestività, che l’alleanza con i 5 stelle doveva essere strutturale ed organica. Ovvero, un progetto politico a lunga scadenza senza più eccezioni o eventuali deroghe. Sul punto specifico, invece, molti altri esponenti Dem sono stati altalenanti ed incerti. Costretti all’alleanza a livello nazionale per le note motivazioni ma molto più perplessi a livello locale nell’estendere questo modello. Anche perchè dove si è realizzata concretamente nei territori, questa alleanza si è tradotta in una secca ed inappellabile sconfitta politica ed elettorale. L’Umbria e la Liguria sono ancora lì a confermarlo. Per non parlare dei livelli locali dove, soprattutto da parte delle varie dirigenze del Pd, l’alleanza con i 5 stelle viene vista ed interpretata come semplice fumo negli occhi. L’esempio di Roma e di Torino, al riguardo, sono troppo emblematici per essere ulteriormente analizzati.
Ecco perchè, di fronte a questo quadro articolato e variegato, è sempre più necessario indicare punti fermi e soprattutto chiari sia sul versante del progetto politico e sia, ancor più, su quello dei contenuti e dei programmi. Ai 5 stelle è perfettamente inutile chiederlo perchè da quelle parti l’unico dato che conta, adesso, è mantenere e consolidare posizioni di potere con relativi benefit. Con qualsiasi alleato e con qualunque politica, come la concreta esperienza ha persin troppo platealmente confermato. La chiarezza, ancora una volta, deve arrivare dal Pd che resta un partito politico organizzato, radicato nel territorio e con una leadership, nazionale e locale, di tutto rispetto. Ma questo nodo adesso va sciolto. E questo non solo per la qualità e la prospettiva dell’ex centro sinistra ma anche, e soprattutto, per come si articolerà nel futuro, dopo questa strana e singolare fase politica, una corretta alternanza tra il riformismo europeo e il sovranismo conservatore.