Vedremo se sarà Enrico Letta il nuovo segretario del Pd, al netto degli accordi di potere fra le  innumerevoli correnti, sotto correnti e gruppi all’interno del partito. Certo, la figura di Letta è  prestigiosa e autorevole. Ma è del tutto ovvio che non basta una figura esterna per risolvere  d’incanto la denuncia, precisa e persin troppo nota a tutti quelli che seguono le vicende politiche  italiane, lanciata nei giorni scorsi dal segretario uscente Nicola Zingaretti. E cioè, “mi vergogno di  un partito che pensa solo alle poltrone e alle primarie”. Perchè, alla fin fine, di questo si tratta, al di  là e al di fuori del nome e cognome del segretario nazionale da eleggere in Assemblea e del futuro  gruppo dirigente. 

Ora, visto che la natura e il profilo organizzativo del Pd restano sempre gli stessi, si tratta adesso  di capire se il Pd, oggi, è in grado di rilanciare un progetto politico e riscoprire, al contempo, la  sua identità politica originaria o se, al contrario, proseguirà, come quasi sempre è stato lo  stillicidio fra le sue mille correnti interne con una sola vocazione: restare, a prescindere,  saldamente al potere e confermando, di conseguenza, la sua natura “governista”. 

Ecco perchè, come del resto hanno evidenziato quasi tutti i commentatori politici, adesso la vera  scommessa resta solo e soltanto quella. Ovvero, ridefinire il progetto politico del partito.  Cercando di archiviare quegli slogan che ormai sono diventati ripetitivi e anche un po’ patetici se  non addirittura grotteschi come quello di sbandierare l’ennesima “ripartenza” o la solita e quasi  mensile “rigenerazione”. La scommessa è tutta politica. Il ritorno di Letta, se avverrà, dopo essere  stato liquidato da quasi tutto il partito per incoronare il rottamatore fiorentino alla guida del  Governo, deve essere in grado di far compiere un salto di qualità all’intero gruppo dirigente.  Certo, un gruppo dirigente che è sempre lo stesso e stratificato rigorosamente e militarmente per  correnti e gruppi interni. Si tratta, quindi, di verificare se un “papa straniero”, anche se di nuovo e  recentemente tesserato al partito, riuscirà a rilanciare l’entusiasmo nella base e a far cambiare  passo al vertice. Lo si capirà prestissimo.