Dunque, malgradi gli appelli – più o meno autorevoli -, malgrado i ripetuti inviti a ritrovare le ragioni di una efficace convergenza politica e parlamentare, una strategia di “solidarietà nazionale” o di “coesione nazionale” stenta a farsi largo. Ci sono troppi elementi che, almeno così pare, continuano a frenare una soluzione politica che quasi si impone. Al di là degli schieramenti, dei partiti e dei relativi organigrammi.
Ma, per restare alla realtà, ci sono almeno 3 elementi di fondo che ostacolano il varo di un progetto politico che adesso quasi si impone.
Innanzitutto la sostanziale assenza di leadership politiche, e quindi di statisti che, in circostanze storiche eccezionali e drammatiche come quella che, appunto, stiamo vivendo, riescono ad imporsi all’attenzione di tutto il quadro politico e dell’intero paese. Del resto chi, oggi, nel panorama politico italiano riesce a fare “un appello al paese” peer richiamare tutti alla propria responsabilità? E, soprattutto, per condividere “insieme” le ansie, i problemi, le sofferenze e anche le speranza che possono e che dovranno pur scaturire dopo questa terribile e sempre più drammatica prova umana, sociale ed economica?. Certo, abbiamo una figura, il Presidente della Repubblica, che da tempo assolve il suo magistero con autorevolezza esprimendo una grande leadership morale, istituzionale e costituzionale. Ma è il panorama politico che continua ad essere gremito di capi e che, al contempo, scarseggia di leader e di statisti. E questa è la prima ragione che frena la possibilità di un progetto e di una prospettiva politica capace di uscire dalla ordinaria amministrazione e dalle polemichette quotidiane.
La seconda motivazione è riconducibile alla permanente e strutturale radicalizzazione che caratterizza la politica italiana da molti anni e che si è accresciuta con le forze populiste al governo. La furia dei 5 stelle di distruggere e criminalizzare politicamente tutto ciò che è riconducibile al passato non ha certamente giovato alla causa di una distensione e di una progressiva comprensione tra le varie forze politiche. Altrochè ritrovare le ragioni per costruire una vera unità e coesione nazionale. La cultura della mediazione, la cultura della convergenza, la cultura della composizione degli interessi sono ingredienti fondamentali e decisivi per dispiegare una vera cultura di governo. Elementi che sono, detto fra di noi, radicalmente assenti nel dna delle forze populiste, demagogiche, antipolitiche e anti parlamentari.
Ed è proprio la cultura profondamente anti politica la terza ragione fondamentale che blocca alla radice qualsiasi sperimentazione progettuale che punta a trovare le motivazioni dell’unità politica rispetto a quelle della divisione e della radicalizzazione. Una cultura e una prassi, quelle riconducibili all’antipolitica, che sono e restano alternative rispetto a qualsiasi prospettiva di solidarietà e di coesione nazionale. È inutile perdere tempo. Al di là delle buone intenzioni e delle disponibilità burocratiche e protocollari, la politica della solidarietà nazionale – sempre più indispensabile e necessaria nel contesto politico italiano – non potrà decollare. Per dispiegare una politica siffatta servono leader politici, statisti, culture politiche e culture di governo. In assenza di queste caratteristiche – e oggi, purtroppo, non è la stagione propizia per questa prospettiva – dobbiamo accontentarci di ciò che sforna il contesto politico. E il nostro compito di cattolici democratici e popolari, comunque sia, resta sempre quello di continuare a lavorare affinchè prevalgano le politiche di coesione e di solidarietà contro la strategia della divisione, della radicalizzazione e della contrapposizione frontale tra gli uni e gli altri. Seppur nel rispetto delle differenze politiche e delle diversità culturali.