Perché studiare il caso di successo rappresentato dalle elezioni del 18 aprile 1948

Si terrà domani a Roma l’incontro di studio sul tema “Gedda Dossetti De Gasperi - I protagonisti delle ‘elezioni spartiacque’ del 18 aprile 1948”. Segue una breve nota di presentazione.

È noto che le elezioni del 18 aprile 1948 hanno rappresentato nella storia repubblicana il trionfo della Democrazia Cristiana. In realtà fu il trionfo dell’alleanza tra lo Scudo Crociato e i partiti laici e socialisti (PLI-PSDI-PRI), uniti attorno a un progetto di rinascita economica e civile che contrastava nettamente il ”disegno rivoluzionario” del Blocco popolare (PCI e PSI).

La vittoria aveva alle spalle la decisione che portò quasi un anno prima, nel maggio del 1947, alla rottura del Tripartito (DC-PCI-PSI) e alla nascita del primo governo monocolore democristiano. Poco prima i comunisti avevano votato l’articolo 7 della Costituzione, vale a dire la conferma dei Patti Lateranensi; in più avevano contribuito, sempre in quel frangente, al sostegno politico e parlamentare per l’approvazione del Trattato di pace (contro cui votarono personalità come Benedetto Croce, Vittorio Emanuele Orlando, Francesco Saverio Nitti).

Alla estromissione dal governo i comunisti reagirono con durezza. Luigi Longo, alcuni mesi dopo, attaccò a testa bassa parlando di colpo di Stato in un articolo sul quotidiano di partito (Il colpo di Stato di De Gasperi, “L’Unità”, 2 dicembre 1947). Tuttavia il quadro internazionale rendeva pressoché obbligata la rottura tra democratici filoatlantici e socialcomunisti filosovietici. La Guerra fredda stabiliva la divisione dell’Europa lungo quella che fu chiamata la Cortina di ferro.

A fine 1947 De Gasperi trasformò la maggioranza di quadripartito in formula di governo. Su queste basi si andò alle elezioni. Nel mondo cattolico fu determinante l’azione dei Comitati Civici di Gedda; nella Dc si manifestò  l’impegno prezioso di Giuseppe Dossetti, il giovane leader della sinistra di partito. De Gasperi, in quella circostanza, non fu solo. Ciascuno fu protagonista a modo suo, avendo in testa un percorso, anche dopo la vittoria, che mostrava specifici caratteri di originalità. 

La DC raccolse un voto che non s’identificava in termini esclusivi con lo schieramento cattolico. Raggiunse alla Camera la maggioranza assoluta grazie all’apporto di ampi settori di ceto medio, fuori da uno schema confessionale, ovvero per l’adesione (molto laica) a un programma di libertà e democrazia. In effetti alla società nel suo complesso, bisognosa di nuovi equilibri e nuove prospettive, servì l’espressione di una delega straordinaria alle forze del cattolicesimo politico.

Quel voto poteva essere impiegato a tutela di equilibri che nell’immediato dopoguerra tendevano a ricomporsi attorno a una sostanziale continuità dei rapporti economici e sociali dell’Italia liberale e poi fascista. Fu invece convogliato verso un disegno di riforme ad ampio raggio, con un impatto straordinario sull’economia di un Paese ancora agricolo, privo di materie prime, senza mercati di sbocco garantiti. Con il 18 aprile nacque la nuova Italia. Nacque per l’intraprendenza e la generosità dei cattolici, per l’azione solidale di forze democratiche diverse, per la qualità di una classe dirigente radicata nel tessuto popolare del Paese. 

Allora, studiare questo caso di successo, ovviamente dal lato dei vincitori, può aiutare a capire dove oggi possa orientarsi l’iniziativa dei democratici, anche di matrice cristiana, per ricreare le condizioni di un progresso stabile e durutaro, improntato ad equità, “amico” della  transizione climatica globale. In fondo, il futuro si nutre di buone esperienze che la storia ripropone a beneficio delle nuove generazioni.