Il popolarismo si specchia nel sogno europeo ed esige una presenza nuova a Strasburgo

Perché non possiamo tentare di rianimare la posizione cattolico democratica e popolare? È vietato immaginare che nel 2024 si presentino liste che segnino la ripresa di una nostra battaglia politica?

Mi piace ricordare ogni tanto quello che disse Etienne Borne, intellettuale francese che visse nel giro di pochi anni  l’alba e il tramonto dell’MRP (1944-1967), il Movimento Repubblicano Popolare, formazione politica di matrice cristiana: “Il sogno europeo è il contributo della politica democristiana a questo secolo”. Si riferiva al Novecento, il secolo di due guerre mondiali e dei totalitarismi, ma anche il secolo che ha visto sorgere la Comunità Europea (oggi chiamata, con inclinazione più burocratica, Unione Europea). Abbiamo titolo, allora, per guardare alla scadenza delle prossime elezioni per il Parlamento di Strasburgo con lo spirito di chi sente di dover custodire la memoria di questo sogno, facendo riferimento alla lezione dei grandi Padri fondatori: Adenauer, Schuman, De Gasperi, tre statisti che onorarono la visione democratico cristiana.

Non credo sia giusto archiviare questa esperienza. A forza di pensare che nuove forme d’impegno politico potessero inverare la nostra tradizione, ci siamo ritrovati a constatare che poco o nulla resta di quella intuizione generosa: abbiamo contribuito a edificare nuove case e, passaggio dopo passaggio, ne siamo diventati semplicemente ospiti, non sempre graditi. I cattolici democratici sono ridotti a comparse nel Pd, mentre gli altri, cattolici di destra, faticano persino a farsi riconoscere. Ogni rimedio sembra ridursi a episodici gesti di riguardo che le leadership di destra e di sinistra riservano ciclicamente a un mondo in via di sparizione. All’occorrenza piovono anche gentili apprezzamenti, come se di gentilezze si dovesse accontentare una grande tradizione d’impegno politico.

Penso che dobbiamo mettere all’ordine del giorno una riflessione su noi stessi. In passato, quando Renzi propose l’adesione del PD al Partito Socialista Europeo, mi opposi. Non mi sembrava una soluzione giusta. Ora, in condizioni molto diverse, serve nuovamente coerenza nella ricerca o costruzione di una “casa europea” in linea con i valori di libertà e democrazia. 

Allora, perché non possiamo tentare di rianimare la posizione cattolico democratica e popolare? È vietato immaginare che nel 2024 si presentino liste che segnino la ripresa di una battaglia politica? Nel 1994 il Partito Popolare, erede della DC, raccolse alle europee il 10 per cento. Eppure fu una campagna elettorale condotta “alla disperata”, con un gruppo dirigente messo alle corde per le dimissioni di Mino Martinazzoli a seguito delle politiche di pochi mesi prima (dove comunque il PPI e il Patto Segni, insieme, presero il 15 per cento). Oggi sarebbero numeri importanti, non importa se legati a una stagione politica lontana. Nessuno insegue la chimera di una riedizione, quando in effetti s’avverte l’esigenza di una reinvenzione. Per questo ci vuole coraggio e buona volontà, così da non disperdere il sogno che indicava, appunto, la saggezza di Etienne Borne.