POPOLARI, L’AUTONOMIA RIVENDICATA E LE SUE CONSEGUENZE.

Essendo divenuta così grande la distanza fra questa sinistra, radicaleggiante e dimentica della questione sociale, e i valori del popolarismo, concretizzare l’autonomia politica e culturale sulle questioni fondamentali nella situazione data sarà un compito molto arduo per i Popolari ma è anche l’unica via per arginare la strategia autoritaria della destra.

 

Se le ragioni che hanno portato da un lato Castagnetti a indire il recente convegno all’Istituto Sturzo per esprimere un disagio diffuso tra i Popolari nel Partito Democratico, e dall’altro molti Popolari a intraprendere iniziative volte a costruire una presenza cattolico-democratica all’interno del polo di centro, non sono puramente tattiche e strumentali, risolvibili a breve in termini di organigrammi, allora ci si trova di fronte a un chiarimento politico di fondo, che non potrà che essere salutare, per i Popolari, per il centro sinistra, per la democrazia.
Nel momento in cui ci si richiama al popolarismo come a un universo identitario sul quale si fonda la rivendicazione della propria autonomia culturale, politica e organizzativa, si rimettono in discussione le condizioni che rendono possibile lo stare in un medesimo partito e le modalità, e la stessa opportunità, di partecipare a una alleanza di centro sinistra, stante la permanente impraticabilità con la destra per manifesta incompatibilità culturale.
Ci si carica di un compito enorme, quello di ridefinire i termini per future collaborazioni.
Essendo divenuta così grande la distanza fra questa sinistra, radicaleggiante e dimentica della questione sociale, e i valori del popolarismo, sembra assai complicato far coesistere in un medesimo partito visioni così diverse dell’Uomo e del modello di società per l’avvenire. Non sarà un lavoro semplice per quanti intendono proseguire il cammino nel Pd.
Anche presidiare in autonomia l’area di centro non sarà una passeggiata per i Popolari data l’enorme disparità di forze, di mezzi e di risorse in campo in un dibattito pubblico che procede a senso unico sulle questioni fondamentali non senza violenza verbale e giudizi sommari, ostracismi e censure, in cui sembra smarrito il concetto stesso di pluralismo. Servirà ai Popolari una strategia sorniona simile a quella con cui la Francia ha disputato la finale mondiale, uscendo a testa altissima da un confronto altrimenti non alla sua portata. Occorre la determinazione necessaria per riallacciare un rapporto di fiducia e di interlocuzione, non con, bensì in mezzo, tra, nei ceti sociali intermedi. Perché, e lo ha detto molto bene Castagnetti al succitato convegno, il popolarismo non è la Caritas. Ma è stato storicamente una fucina di elaborazione di politiche tendenti alla riduzione delle disuguaglianze e una forma di autoorganizzazione dei ceti popolari che ora perlopiù o votano a destra oppure disertano le urne. Non per partito preso, per motivi ideologici ma perché sentono, a torto o a ragione come ci ricorda il sociologo Luca Ricolfi, che una sinistra così ridotta appare loro invotabile. E, senza indulgere al populismo ma educando il popolo alla democrazia, in alcuni casi appare difficile dare loro torto. Pensiamo, solo per citare alcune questioni su cui il rifiuto della sinistra si fa più sentire, al fondamentalismo classista con cui la sinistra declina la transizione ecologica, con il paravento dell’ideologia che non permette di vedere il progresso della tecnologia. Pensiamo alle assurdità che circolano sulla diversità di genere e sul concetto di famiglia. Pensiamo a un acritico e non selettivo utilizzo delle tecnologie digitali che ci porterebbe dritti ai crediti sociali cinesi. E pensiamo, infine, ma non certo per ultimo, sulla questione della pace, alla confusione che c’è a sinistra sui doveri che nascono dallo stare in un sistema di alleanze internazionali rispetto alla guerra in Ucraina, e la necessità di addivenire comunque, e nonostante le gravi responsabilità che si imputano alla Russia, a un immediato cessate il fuoco come alternativa al cinico gioco di combattere la Russia sacrificando fino all’ultimo ucraino, e come affermazione e riconoscimento di un nuovo balance of power garantito dal modello multipolare.
Concretizzare l’autonomia politica e culturale sulle questioni fondamentali nella situazione data sarà un compito molto arduo per i Popolari ma è anche l’unica via per arginare la strategia autoritaria della destra con le armi dell’elaborazione politica e progettuale, e per evitare una ingloriosa dissolvenza nel conformismo che piace ai centri del potere economico e che pare aver sostituito l’anima della sinistra attuale