Esiste ancora il popolarismo?
L’appello di Fioroni e D’Ubaldo sul tema del popolarismo politico merita grande attenzione e suscita riflessioni.
Parto da un interrogativo che considero centrale: esiste ancora il popolarismo fra i giovani e nella società italiana postmoderna? Se si escludono poche migliaia di reduci delle stagioni passate faccio fatica a rintracciare significative nuove sorgenti vitali.
Le ragioni sono tante, ma la principale è quella del quasi completo esaurimento della formazione religiosa alla vita civile e sociale. La Chiesa italiana postconciliare si è da tempo ritirata nel perimetro meraviglioso e generoso della carità e dell’assistenza. Le organizzazioni di azione cattolica che dagli anni Quaranta, e per alcuni decenni, hanno alimentato la classe dirigente politica più efficace ed impegnata, sono notevolmente ridimensionate. Al tempo di Sturzo poi i cattolici da quasi tre decenni erano attivi nei Comuni, costituivano cooperative di lavoro e casse di risparmio, mutue di assistenza, nonché scuole ed enti educativi.
Oggi alle nostre spalle non c’è quasi più niente. L’organizzazione ecclesiastica è spesso autoreferenziale. Le congregazioni religiose sono esauste. Anche i tanti movimenti laicali non attraversano certo una fase di espansione nella società.
Manca dunque lo spazio culturale e sociale essenziale, l’area di riferimento da far maturare all’impegno politico.
Serve una costituency, non nostalgia
Qual è dunque la costituency di una rinnovata area politica che si volesse richiamare vitalmente al popolarismo di Sturzo e di De Gasperi, di Martinazzoli e di Franco Marini? Questi ultimi tentarono lucidamente nel 1994-98 di coagulare e rilanciare una forza politica. Dovettero scegliere poi con realismo di tessere una tela complessa insieme ad altri compagni di strada. Quelli che il tempo offriva.
In questa situazione l’impegno di papa Leone XIV è chiaramente di medio-lungo termine. Tenterà di rilanciare la formazione religiosa e sociale dei giovani e del laicato. I frutti verranno nei prossimi decenni.
Nel tempo di oggi l’area culturale e politica nella quale ci riconosciamo, per sopravvivere deve affrontare le sfide enormi e ineludibili dell’oggi.
L’attacco alla democrazia in tutto l’Occidente. Il rapido rafforzamento della casa comune europea. La costruzione di nuovi percorsi di sviluppo sostenibile, di nuovi equilibri di giustizia sociale e di pace. L’elaborazione di un progetto di governo alternativo alle destre sovraniste e nazionaliste, sostanzialmente antidemocratiche, fondate sull’egoismo individualista e sul plebiscitarismo populista.
Una fiaccola da trasmettere
Per questo trovo anche del tutto semplicistiche e inadeguate le valutazioni formulate sulla sinistra cosiddetta radicale, sul movimento di Giuseppe Conte, sull’area della sinistra ecologista.
Lo sviluppo socio-economico, la giustizia sociale, sono il vero nome di una pace possibile e duratura. Lo ha detto Paolo VI, e tutto il magistero dopo di lui. La dottrina sociale cattolica è stata posta al centro della formazione spirituale, culturale e sociale dei credenti e di tutti gli uomini di buona volontà. Una dottrina sociale che ha dei contenuti invero assai più radicali di quelli che la sinistra in Italia e in Europa riesce ad esprimere.
Dunque di cosa si ha paura? Cosa si teme realmente dal confronto necessario con queste forze? Anche sui temi dei diritti individuali, con la natalità ridotta ai minimi, dove i giovani non generano più figli? Quando migliaia di vite di immigrati si perdono in mare o nel nulla di odissee sconosciute?
Attenzione poi, perché se tutto questo dibattito sul popolarismo dovesse servire solo a mascherare una richiesta di maggiore spazio in un costituendo polo di centro indispensabile per vincere le prossime elezioni politiche, bisogna ricordare che questo spazio è già sufficientemente occupato dai partitelli esistenti, magari federati dal sindaco di Milano o chi per lui.
Personalmente credo che la sfida sia ben altra, e debba saper guardare anche ben oltre il presente. Abbiamo il dovere politico di mantenere accesa la fiaccola e trasferirla alle generazioni future.
Per far questo serve almeno una tenda dove riunirsi ed elaborare, non molto di più. Per preparare un futuro senza però sfuggire alla responsabilità e alla battaglia dell’oggi.