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lunedì, Aprile 7, 2025
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Populismi in combutta, serve un’alleanza centrista e riformista

Ormai si manifesta una seria, concreta e tangibile convergenza politica tra settori politici che sino a qualche tempo fa, e per svariate motivazioni, erano collocati su fronti opposti se non addirittura alternativi.

Non ci si può rassegnare agli ‘opposti populismi’. Che poi, detto tra di noi, sfociano puntualmente negli ‘opposti estremismi’. Entrambi gli orizzonti segnano la caduta di credibilità della politica, la perdita progressiva della qualità della democrazia e, in ultimo, anche la crisi delle stesse istituzioni democratiche. E proprio in questi ultimi giorni abbiamo avuto la plastica dimostrazione, per chi non lo sapesse ancora, che c’è una perfetta convergenza politica, culturale, programmatica e forse anche etico/moralistica fra i due opposti populismi che, guarda caso, sono uniti nell’esito finale. Parliamo del populismo triviale della Lega salviniana e di quello giustizialista, manettaro, tardo pacifista, qualunquista e squisitamente anti politico dei 5 Stelle. A cui si aggiungono, come da copione, gli estremisti del trio Fratoianni/Bonelli/Salis e, con il cuore, la segretaria del Pd Schlein. Tutti rigorosamente e scientificamente anti europeisti e tutti riconducibili ad un pacifismo di facciata che ripropone, mutatis mutandis, la vecchia ed antica esperienza dei cosiddetti “partigiani della pace” di sovietica memoria.

Ora, si tratta di capire sino a quando chi non si riconosce in questa spiccata e cristallina deriva populista e demagogica assisterà passivamente a questo scenario politicamente sempre più decadente. E mi riferisco, nello specifico, all’unico partito seriamente centrista ed europeista della maggioranza di governo, cioè Forza Italia, oltre alla stessa Presidente del Consiglio e a tutti i centristi, europeisti, riformisti e con una cultura di governo del cosiddetto ‘campo largo’. Com’è possibile, detto con altre parole, non mettere in discussione un assetto che potrebbe riproporre una sorta di cronica difficoltà e sbandamento esponendo lo stesso nostro paese ad esiti imprevedibili sotto il versante della concreta governabilità da un lato e di una seria e non velleitaria collocazione nello scacchiere europeo ed internazionale dall’altro?

Non si tratta, cioè, di continuare a sognare o a vagheggiare un “grande centro”. Molto più semplicemente, si tratta di prendere atto che ormai cresce e si manifesta quasi platealmente una seria, concreta e tangibile convergenza politica tra settori politici che sino a qualche tempo fa, e per svariate motivazioni, erano collocati su fronti opposti se non addirittura alternativi. Fuor di metafora, cosa entrano i cosiddetti ‘centristi’ – se non per continuare a pietire una manciata di seggi parlamentari gentilmente concessi dall’azionista di maggioranza del Pd – con uno schieramento formato dai populisti di Conte, dagli estremisti di Fratoianni/Bonelli/Salis e dall’ala movimentista e radicale rappresentata dalla Schlein?

Certo, a Renzi serve qualche parlamentare – che si contano in una sola mano – e questa è la ragione, come tutti sanno, della momentanea fedeltà acritica alla Schlein e addirittura ai 5 Stelle. Stesso discorso, ripeto, per i cosiddetti cattolici centristi del Pd dove, però, il numero totale dei seggi è superiore per ovvie ragioni. Ma chi guida politicamente quella coalizione, com’è ovvio ed evidente, guarda in un’altra direzione. E la conferma, peraltro scontata, l’ha fornita ancora una volta la manifestazione organizzata a Roma dai 5 Stelle e da tutto ciò che ruota attorno a quell’universo politico.

Per queste ragioni, semplici ma oggettive, il capitolo di una alleanza politica coerente, per non dire centrista, europeista e riformista, prima o poi si staglia all’orizzonte. E questo non per rispondere ad una esigenza politologica ma perchè quasi lo impongono le condizioni politiche generali. Ragioni nazionali, europee ed internazionali. E continuare a non prenderne atto significa nascondere la testa sotto la sabbia. Ma non credo che oggi riproporre la “politica dello struzzo” sia la strada migliore per ridare credibilità alla politica, autorevolezza alle istituzioni e, soprattutto, efficacia all’azione di governo. Veramente verrebbe da dire, recuperando un vecchio slogan, “se non ora quando”?