Premierato? Non va bene nemmeno il sindaco d’Italia.

No a processi di centralizzazione del potere. L’articolo, apparso ieri sul sito di “Insieme” e qui riproposto in ampio stralcio, rifulge per chiarezza anche dopo il confuso compromesso raggiunto in serata nella maggioranza.

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Il “premierato” viene reclamizzato come l’occasione per rendere al cittadino l’autorevolezza del suo voto, ma è, invece, vero esattamente il contrario.

La delega quinquennale all’ “uomo solo al comando” rappresenta l’umiliazione dell’elettore, un palese atto di sfiducia nei confronti del popolo italiano, la concessione di una delega che, per quanto venga espressa anche sulla scorta di un programma, costituisce una concessione di credito unilaterale ad un “capo” che, di fatto, assorbe sostanzialmente in sé quella sovranità che la Costituzione assegna al popolo e, dunque, appartiene a ciascun cittadino e va esercitata entro un sistema bilanciato di pesi e contrappesi, secondo una logica di separazione dei poteri incardinata sulla centralità del Parlamento e sul ruolo di arbitro e garante del Presidente della Repubblica.

Ovviamente la nostra opposizione alla riforma costituzionale proposta dal governo Meloni è riferita al merito sistemico ed istituzionale della questione e, cioè, vale di per sé, a prescindere dall’appartenenza politica di chi avanza la proposta o di chi, eventualmente, ne incarni il ruolo, fosse oggi la destra o domani la sinistra. Va, peraltro, osservato come sia del tutto illusoria la pretesa di governare contesti sociali fortemente integrati attraverso processi di centralizzazione del potere.

In altri termini, il premierato, come il cosiddetto “Sindaco d’ Italia” sono oggi soluzioni disfunzionali che pagano dazio ad una sostanziale incultura politica. Ma su questo si renderà necessario tornare.

 

Per leggere il testo integrale

https://www.politicainsieme.com/la-madre-di-tutte-le-battaglie-di-domenico-galbiati/