Quella casa sul lago: cronaca di un dono ad Alcide De Gasperi.

A chiunque capiterà di transitare sulla via laterale di Castelgandolfo, suggerirei di dare uno sguardo a quella casa. Fu il dono degli iscritti dc al loro leader: un segno forte e permanente.

Sulle rive del lago di Castelgandolfo, in località Castelvecchio, anni or sono il sindaco democristiano della cittadina laziale, dr. Marcello Costa, che fu per molti anni primo cittadino, fece apporre su una villetta stile liberty una targa in ricordo della presenza di Alcide De Gasperi in quella casa negli ultimi anni della sua vita terrena. Quella targa rappresenta una storia, non soltanto per la città laziale, sede della celebre villa pontificia costruita da Urbano VIII, ma per ciò che ha rappresentato nella storia politica del secondo ‘900.

Il 3 aprile 1951 De Gasperi compiva 70 anni, non era un periodo facile per lo statista democristiano e non lo sarebbe stato anche nei tre anni precedenti la sua scomparsa: la riforma agraria fortemente voluta da lui anche a seguito del congresso di Venezia del 1949 in cui il partito aveva visto una forte affermazione col 35% dei voti della sinistra interna di Dossetti, La Pira e Fanfani, stava erodendo significativi sostegni soprattutto nel sud da parte dei vecchi ceti clientelari; l’alluvione del Polesine aveva messo  in gravi difficoltà zone già di per s assai deboli economicamente;la destra clericale premeva per una svolta a destra della Dc, soprattutto in vista delle elezioni comunali a Roma dell’anno successivo. Insomma un periodo non facile…De Gasperi era un esempio di onestà, correttezza e rigore come forse nella nostra storia nazionale non avevamo mai avuto. Aveva pagato il più alto prezzo al fascismo che con l’accusa assurda di tentativo di espatrio candestino lo avea arrestato e messo in carcere, addirittura insieme alla moglie Francesca, preziosa compagna di una vita; il suo antifascismo lo aveva pagato caro..soltanto la generosità si papa Pio XI, che certamente aveva avuto un ruolo nell’allontanamento di don Sturzo dalla segreteria del Partito Popolare all’avvento del regime, ma che era stato però il primo a capire la deriva pagana del fascismo, tanto da scrivere nel 1931 l’enciclica Non abbiamo bisogno per denunciare le violenze squadriste ad appena due anni dal Concordato, questo Pontefice lo aveva accolto in Vaticano come bibliotecario.

Si trattava di un incarico peraltro precario, che risolveva un problema molto semplice: quello che sarebbe diventato di lì a poco il più grande statista italiano della seconda metà del’900, non era ridotto alla fame, ma certamente in grandi ristrettezze economiche. Addirittura fino al 1938 De Gasperi non aveva come bibliotecario in Vaticano uno stipendio fisso, ma rinnovato di mese in mese e fu soltanto l’intervento d mons. Montini, futuro papa Paolo VI, anch’egli conoscitore di quanto il fascismo aveva leso la dignità delle libere istituzioni, a perorare la causa di una paga fissa per un uomo di quasi 60 anni che manteneva moglie e 4 figlie in una famiglia esemplare, con un esiguo stipendio peraltro precario. Pio XI accolse subito la perorazione di Montini, ma per non insolentire Mussolini, che aveva in uggia da tempo lo statista trentino nonostante fosse Duce di un Impero, fece assumere stabilmente De Gasperi non direttamente dalla Santa Sede, ma da Propaganda Fide, presso la sede della quale avrebbe trovato rifugio con lo pseudonimo di Alfonso Porta durante l’occupazione nazista di Roma anni dopo.

Lo stile di vita austero e onesto avrebbe caratterizzato la vita di De Gasperi costantemente. Ebbene, un uomo di questa statura proprio nel 1951 cercò di far superare all’Europa l’antico quasi millenario antagonismo tra gli stati, creando la CECA, Comunità Europea Carbone Acciaio, con il sostegno di altri due grandi statisti, Konrad Adenuer e Robert Schuman; ma in quell’anno accadde un episodio legato a quella casa sul lago. Nell’avvicinarsi del genetliaco, gli iscritti della Democrazia Cristiana si autotassarono per regalare finalmente una casa di proprietà al loro leader; naturalmente tutto avvenne nel segreto più assoluto e quando ebbero raggiunto una cifra adeguata per l’acquisto di una villetta, la scelta cadde su un villino restaurato qualche anno prima a Castelgandolfo, sul tornante est vicino proprio al convento di Propaganda Fide che era stato, come quasi tutti i castelli romani, duramente bombardato nel 1944 dopo lo sbarco alleato ad Anzio del 22 gennaio.

Il problema era fare accettare il dono a De Gasperi. La moglie e le figlie con il pretesto di visitare una casa da affittare sul lago per una figlia minore reduce da una patologia respiratoria, lo portarono in quella che sarebbe stata la sua residenza negli ultimi anni e riuscirono a vincerne le resistenze dicendogli che se non avesse accettato avrebbe dovuto trascorrere forse mesi seduto a scrivere ad ogni iscritto donatore le motivazioni dell’eventuale rifiuto, considerato che anche gli iscritti col reddito più umile avevano voluto offrire al leader un segno tangibile del loro affetto e della loro riconoscenza.  De Gasperi accettò commosso quel dono: l’unica proprietà che ebbe nella sua vita!

Il prossimo 19 agosto ricorrerà il 70esimo della morte di quest’uomo colto,determinato, semplice, di grande vera fede e di uno spessore politico assai raro. Anni dopo l’amministrazione comunale di Castelgandolfo volle apporre sul frontale della villetta la già citata targa in ricordo della permanenza dello statista. Sono passati tanti anni e il costume politico si è inasprito e direi assai involgarito, forse per la mancanza di maestri veri come Alcide De Gasperi. A chiunque capiterà di transitare sulla via laterale di Castelgandolfo, suggerirei di dare uno sguardo a quella casa  soprattutto perché proprio gli iscritti alla Democrazia Cristiana seppero offrire al loro leader un segno così forte e permanente. La Dc non c’è più ma l’intelligenza dei democristiani ha sedimentato valori in Italia incancellabili.

 

Prof. Giulio Alfano

Presidente Istituto Emmanuel Mounier