Il cambiamento improvviso delle posizioni – addirittura nell’arco di poche ore cambiano continuamente e repentinamente i vari scenari – confermano che il trasformismo parlamentare e l’opportunismo politico sono ormai diventati gli assi portanti del modo di fare politica nel nostro paese.

Dopo l’inguardabile e quasi incommentabile sceneggiata a cui assistiamo da alcuni giorni, è arrivato il momento per sciogliere definitivamente il nodo Quirinale. Nell’epoca della frammentazione e della crisi della politica, dei partiti liquidi, dell’assenza di una vera e riconoscibile classe dirigente, è persin ovvio che, per la infinita partita del Quirinale, adesso si deve chiudere. Ad oggi, al di là di alcuni capi partito – pochissimi, per la verità – che guardano con maggior propensione al dopodomani e non esauriscono la politica a ciò che capita entro le 24 ore, è indubbio che l’assenza di un regista autorevole e credibile ha pesato sull’autorevolezza dell’intera politica. E l’avvitamento e il conseguente incartamento di questi giorni sulla vicenda Quirinale lo confermano in modo persin plateale.

Ora, il ‘regista’ prescinde dal peso politico ed elettorale del suo partito di appartenenza e anche dal giudizio che i vari osservatori sentenziano sul soggetto in questione. Del resto, la storia lunga e travagliata della elezione dei Presidenti della Repubblica nel nostro paese hanno sempre avuto il timbro di un regista – singolare o collettivo poco importa – e, quindi, di una politica che esiste ancora. Era abbastanza evidente che la crisi profonda e terribile della politica emersa in questi ultimi anni dominati e caratterizzati dal populismo e dall’antipolitica del populismo dei 5 stelle e che ha contagiato, purtroppo, larghi settori della stessa politica italiana, non poteva non produrre questo stallo e lo spettacolo, abbastanza singolare, a cui stiamo assistendo. 

E c’è un ulteriore elemento che contribuisce ad aggravare ulteriormente l’intero scenario politico italiano in questo momento abbastanza drammatico per l’intero paese per le motivazioni note a tutti. E cioè, il cambiamento improvviso delle posizioni – addirittura nell’arco di poche ore cambiano continuamente e repentinamente i vari scenari – confermano che il trasformismo parlamentare e l’opportunismo politico sono ormai diventati gli assi portanti del modo di fare politica nel nostro paese. Che, oltretutto, sono le due derive che hanno costellato i vari passaggi parlamentari in questi ultimi anni, almeno dopo il boom elettorale dei 5 stelle nel marzo del 2018.

Ecco perchè se la politica vuole invertire la rotta è giunto il momento che attorno a questa partita del Quirinale si stagli la figura di un ‘king maker’ che sia in grado di far combaciare i desiderata dei partiti – o almeno la stragrande maggioranza di essi – con l’autorevolezza, la qualità e la terzietà del candidato a Presidente. Una figura che, lo ripeto, al di là del peso elettorale del suo partito e del gradimento tra la pubblica opinione sappia indicare una via d’uscita. Credibile e politicamente percorribile. Perchè senza questa figura politica che sappia sciogliere il nodo della matassa sempre più aggrovigliata che si è creata, si avrà una ricaduta negativa a cascata. Che parte dal Quirinale e che rischia di coinvolgere il governo e l’intero Parlamento. Il tutto, soprattutto, in un contesto politico dove sta per esplodere una “questione sociale” difficilmente rimuovibile e destinata a lasciare i suoi segni nel corpo vivo del paese.

Occorre, cioè, fare in fretta. È fondamentale ed utile per tutti gli italiani. Non solo per la credibilità della politica ma, soprattutto, per l’intero sistema democratico e costituzionale.