Rancori destino e nostalgia, i figli contesi nel dolore della separazione.

Non tutti sono in grado di gestire i vari aspetti di una separazione. Il rapporto all’interno della coppia genitoriale resta a volte molto conflittuale. Il figlio è sempre al centro della disputa.

Francesco Provinciali

Il vero salto di qualità nei conflitti di coppia, in presenza di prole, consiste nel saper guardare oltre, nell’archiviare in breve tempo la logica dei chiarimenti e delle puntualizzazioni, delle puntigliose sottolineature e cercare davvero insieme di creare per il figlio un ambiente il più possibilmente depurato dai residui tossici di una relazione amorosa finita male. Quando entrambi sanno acquisire questa consapevolezza ed agiscono con l’abito mentale della rimozione e del dialogo costruttivo si creano in genere le condizioni per affrontare con maggiore serenità l’organizzazione della vita futura, propria e dei figli che comunque già ci sono e a cui occorre provvedere con avvertito senso di responsabilità e capacità pratica di concertazione. In altri casi –  e purtroppo in una percentuale in crescendo o comunque preponderante – occorre un aiuto, una supervisione, una mediazione, una regolamentazione: procedure cui si arriva con gradualità o che vengono guidate dall’esterno, a volte purtroppo con un intervento di tipo sanzionatorio e formale.

Non tutti sono in grado di gestire i vari aspetti (emotivi, organizzativi, relazionali) di una separazione, a maggior ragione se in presenza di uno o più figli. Nelle situazioni in cui sono gli stessi genitori che chiedono una decisione super partes che imponga per decreto una regolamentazione tutelante per il minore e sostenibile da entrambi, si evidenzia subito la necessità di una previsione normativa estesa a tutti i possibili ambiti di vita del figlio: casa, scuola, vacanze, relazioni parentali e amicali, organizzazione del tempo libero. Nelle aspettative dei richiedenti tutto deve essere previsto in modo minuzioso e dettagliato come se si potesse redigere un manuale del “perfetto genitore” che agisce, decide, si consulta, provvede solo sulla base di precetti, prescrizioni e divieti imposti o suggeriti dall’esterno.

Nonostante eventuali interventi di mediazione esterna il rapporto all’interno della coppia genitoriale resta a volte molto conflittuale, con toni di esasperazione, accuse rinnovate e coinvolgimento del bambino o del ragazzino nella diatriba. Ciascuno deve-vuole dimostrare di essere un genitore migliore dell’altro ma per poterlo fare finisce inevitabilmente per risucchiare il figlio nei meccanismi della contesa. Non mancano mai le osservazioni postume, le visitazioni retrospettive, gli amarcord acidi: “mi avevi detto”…“mi avevi fatto”…“non sei mai stato affidabile”…“sei sempre stata scortese”…“il tale giorno del tale mese del tale anno…”…“a ferragosto di quell’anno”…“ai compleanni del bambino…”…“hai forse dimenticato quel pomeriggio?”…“nelle vacanze di Natale”…“se ti ricordi mi avevi tenuto sulla porta”…“avevi rotto il giocattolo per dispetto”…“mi offendevi in continuazione”…“sei sempre stata provocatoria”…“avevo ritirato la denuncia ma ora non lo rifarei”…“ti meritavi questo e di peggio”.

Una rievocazione esasperata dei dettagli e dei particolari che offusca il senso del presente: essere lì, trovarsi insieme a parlare del futuro del proprio figlio, cercando di organizzarlo nel modo più indolore, oltre le scorie e i detriti della separazione. Invece si chiude a doppia mandata la porta di quel sentimento che un tempo si chiamava “amore” e si aprono cento finestre ai ri-sentimenti e al desiderio di rivincita. Anche se non fisicamente presente il figlio è lì, al centro della disputa, oggetto delle rivendicazioni reciproche. Ogni parola che si spende, ogni desiderio che si esprime è intenzionalmente finalizzato al suo bene. Ma se rimane il rancore del passato che si rinnova nell’incomprensione del presente difficilmente possono essere rimossi gli ostacoli alla realizzazione di un progetto di vita per lui. Una tara che pesa non poco, questa, perché la gestione dei figli è pur sempre l’aspetto più importante da definire in una crisi di coppia.

Partono dai rispettivi punti di vista, il padre e la madre,  e non potrebbero fare altrimenti, cercano di riscrivere il presente, dicono di guardare oltre, mirano lontano. Naturalmente sempre in vista del preminente – anzi di più – dell’esclusivo interesse del minore. Non è una cosa facile convincere e convincersi che mentre il tempo passa tra attacchi e difese, accuse e risposte, obblighi e divieti, intanto il figlio cresce come un fiore costretto a farsi largo tra cespugli di ortiche. I genitori-giardinieri invece che sradicare le male piante seminano gramigna e preparano il campo di battaglia. I genitori-generali danno ordini a quella parte di sé che è genitore-soldato: scavare una trincea, erigere una barricata, chiudere il fortilizio, alzare il tiro.

Intanto la vita passa e va, tra schioppettate inutili e dannose. Usare il buon senso, assecondare la natura, non esasperare le situazioni, lasciare sempre uno spazio alla speranza: potrebbero invece essere queste le buone e innocue armi da mettere in campo. Molto spesso è infatti il destino che compie la sua parte, oltre le rispettive presunzioni, che lo si voglia o no.