Ricordo di Pietro Padula, figura eminente del cattolicesimo democratico bresciano.

Parlamentare, sottosegretario, Sindaco di Brescia, Presidente dell’Anci: Padula è stato un politico di grande levatura, espressione autentica della sinistra dc lombarda. Gli amici lo ricorderanno il prossimo giovedì 21 Marzo.

Dei miei cinque Sindaci, che ho avuto l’onore di servire in qualità di Avvocato Capo della Civica Avvocatura, Pietro Padula (per gli amici soltanto “Il Baby”) era quello che conoscevo da maggior tempo. Mio coscritto, eravamo stati insieme alle scuole medie del Fontanone che sorgevano ai margini del Teatro Romano oggi in via di recupero. Anzi, per andare a scuola si passava su un ponticello di legno che sorpassava la cavea del teatro.

Siamo stati insieme alle scuole medie con un gruppo di amici che è durato a lungo (da Vittorio Tedeschi a Gianfranco Conti a Lanfranco Boglietti ed altri). Sin da allora prendevamo in giro il Baby Padula, che stava cominciando la sua carriera politica, dicendogli che studiava già da sindaco, senza sapere che a questa carica sarebbe arrivato 40 anni dopo. Poi al liceo la nostra vicinanza è continuata, entrambi all’Arnaldo, però in sezioni diverse (una prima anomalia perché le fedeli famiglie democristiane mandavano i figli all’Arici, mentre la tradizione laica dell’Arnaldo era seguita dalle famiglie della borghesia professionale. D’altronde mio padre aveva frequentato il liceo Arnaldo prima della Guerra Mondiale).

Poi iniziò la vera carriera politica del Baby Padula, eletto al Parlamento e quindi spesso a Roma, durante la settimana, con rientro domenicale. E allora ci incontravamo con la compagnia che ho ricordato più sopra. Continuavamo a non prendere troppo sul serio il nostro amico, che peraltro parlava molto poco dei fatti romani, e di questo mi sarei ricordato in un episodio più avanti al quale accennerò.

Eletto Sindaco dopo il secondo mandato di Trebeschi (14 ottobre 1985) mi ricordo che non era entusiasta dell’idea, che lo costringeva, secondo le leggi di allora, a dimettersi dal Parlamento. Rimase però sempre in stretto contatto con il Partito di Piazza del Gesù e attento ai bisogni e alle esigenze della sua città. In particolare, ebbe un ruolo importante nei problemi di applicazione della legge 167/62 sull’edilizia economica-popolare e il PEEP di San Polo a Brescia (voluto dall’Assessore amico Avvocato Luigi Bazoli) costituì uno dei primi esempi di applicazione della normativa in campo nazionale.

Un momento particolare che travagliò non poco l’Amministrazione Trebeschi (e me in particolare, essendo io l’Avvocato Capo del Comune) fu il “Caso Zubani”. Si trattava di una piccola azienda agricola con cascina in San Polo che fu oggetto di espropriazione per l’attuazione del PEEP e il problema nasceva anche, ma non soltanto, per la determinazione della relativa indennità di esproprio. Senza ricordare troppi particolari tecnici, fra la legge generale sugli espropri del 1865 e la 167/62, non esisteva allora altro criterio per la determinazione dell’indennità se non il “prezzo pieno in comune commercio”. Si capisce che questo criterio era pesantissimo per i Comuni e la massa di espropri che si dovette fare per la realizzazione del PEEP di San Polo è lì a dimostrarlo. Ragionando con Padula sulle finalità pubbliche della 167/62 emerse allora l’opportunità di introdurre una norma che alleggerisse per i Comuni l’insostenibile peso economico degli espropri.

Nacque così quella che in breve tutta Italia conobbe come “Legge Zubani” la quale prevedeva che all’interno dei PEEP l’indennità di esproprio facesse riferimento alla famosa legge per Napoli del 1885 e al relativo meccanismo di determinazione con riferimento anche alla rendita catastale degli immobili o agli affitti pagati nell’ultimo decennio. Uno dei relatori di questa legge fu il Baby Padula, che utilizzò così la sua esperienza come Sottosegretario ai Lavori Pubblici del Governo Andreotti di unità nazionale (1978/79).

Ricordo che consegnai all’amico Padula un foglietto con il testo della Legge Zubani da far approvare in Parlamento.

Un’altra volta ebbi l’occasione di andare a Roma insieme a lui, che in quel momento era il mio Sindaco e gli ricordai di quando lo prendevamo in giro, nelle cene fra amici, dicendo che dopotutto non era poi così vero che lui fosse una persona importante del Governo. Con quel suo sorrisetto un po’ ironico e un po’ beffardo, il Baby Padula si limitò a dire, mentre prendevamo posto a bordo dell’aereo, “Vedrai a Roma”.

Ed ebbi davvero occasione di vedere perché quando arrivammo a Piazza del Gesù, storica sede della Dc nel palazzo d’angolo di fronte alla magnifica chiesa omonima, c’era una fila di gente che arrivava in strada. Con un sorrisetto, Padula mi disse: “Vedi? Quelli aspettano me.” Entrammo nel palazzo e, salendo la scala, dovevamo farci largo fra i postulanti. Quando arrivammo di sopra, al suo ufficio, il Baby mi disse solo (sempre con quel famoso sorrisetto): “Hai visto?”.

Sempre in quella giornata lo accompagnai ad una serie di incontri con personalità politiche, fra cui Beniamino Andreatta che era seduto a una nota gelateria romana di Piazza San Silvestro. Degustando un ottimo gelato Andreatta (che aveva studiato a Padova e mi salutò cordialmente, in omaggio all’Alma Mater) disse a Padula: “Insomma quando persuadi quello zuccone di Trebeschi a venire a Roma per fare il Presidente dell’Enel, lui che ha fatto così bene all’ASM bresciana?” La risposta di Padula fu diplomatica: “Sai com’è Cesare…” In realtà mi risulta che l’interessato diretto, cioè Trebeschi, diede una risposta molto più in linea con il suo carattere di Cellatica: “Te te set mat !”

Ho letto sul libro dedicato a Padula tutta la serie delle lunghe battaglie politiche che il Baby affrontò e delle quali, per vero, parlava poco, almeno con noi profani. Rimase sempre una persona molto riservata e di poche parole, con un tratto molto signorile, pronto ad aprirsi con un largo sorriso che gli illuminava il viso austero. Un vero amico che rimpiangiamo, tutti, io in particolare.