Ogniqualvolta si parla della Democrazia Cristiana e, soprattutto, dei leader e degli statisti democristiani, non manca quasi mai un riferimento al cosiddetto “stile” che caratterizzava quelle donne e quegli uomini. Per carità, nessuna inclinazione moralistica e nessuna presunzione di “superiorità” morale od intellettuale rispetto ad altre esperienze politiche e culturali. Quella è una deriva che storicamente è riconducibile al campo della sinistra politica e ai suoi eredi. Non a caso, si tratta di una prassi valida e praticata, ieri come oggi, nei confronti di qualunque avversario che puntualmente diventa un nemico perché si contrappone alla “verità” e alla ricetta politica, culturale e programmatica sostenuta e propugnata dalla sinistra e dal partito che la interpreta.
Ma, al di là di un fatto che ormai non fa neanche più notizia, quello che merita di essere sottolineato e richiamato è che lo “stile” politico e il “comportamento” istituzionale dei democristiani sono due elementi che vengono da ormai molto tempo esaltati e adottati quasi come un modello, anche dagli storici detrattori di quella straordinaria esperienza politica, culturale e di governo. Un modo di essere in politica che, di norma, rifuggiva quasi sempre dagli schiamazzi e dalla polemica facile; dal colpire deliberatamente e frontalmente gli avversari che non erano mai nemici; dal perseguire una deliberata e violenta radicalizzazione della lotta politica e, in ultimo, dal trasformare la politica in una clava per delegittimare o ridicolizzare gli avversari. Lo zaino dei democristiani conteneva altri ingredienti: la cultura della mediazione, la ricerca della sintesi, la preparazione e la competenza come precondizione decisivi per essere in politica, il rigoroso rispetto politico dell’avversario anche quando costoro si esercitavano in operazioni volgari di distruzione e di delegittimazione dei democristiani e il loro modo di fare politica e, dulcis in fundo, un profilo di forte e trasparente correttezza istituzionale.
Certo, c’erano alti e bassi come in tutti i consessi umani e sociali. Ma lo “stile” politico e il “comportamento” istituzionale dei leader e degli statisti democratici cristiani continuano ad essere dei modelli a cui ispirarsi, anche e soprattutto in una stagione politica caratterizzata da una profonda crisi della politica stessa e da una balbettante ed incerta postura istituzionale dei vari leader contemporanei e di entrambi i campi. E cioè, tanto della sinistra radicale e massimalista della Schlein quanto della destra sovranista e nazionalista, salvo rare eccezioni.
Ecco perchè, e senza alcuna regressione nostalgica, forse è arrivato anche il momento di recuperare le migliori risorse di un passato che è stato politicamente criminalizzato ma che, come quasi sempre capita, più trascorre il tempo e più ci si accorge della originalità e della modernità di quella esperienza. Nel caso specifico, del profilo e della consistenza di quella classe dirigente. Appunto, di quello “stile” politico e di quel “comportamento” istituzionale. È appena sufficiente, del resto, scorrere anche se rapidamente, il percorso politico, umano e di governo di quelle donne e di quegli uomini per rendersene conto. Senza piaggeria e senza alcuna tentazione agiografica ma solo e soltanto per essere onesti intellettualmente con quella feconda, qualificata e inimitabile classe dirigente politica e di governo.