Le istituzioni, e quindi anche la politica, devono riconoscere che l’amore politico è pieno di piccoli e grandi gesti “di cura reciproca, anche civile e politica”.
Ma come, non c’è giornale, social o dibattito televisivo che non presentino politici in contrasto e si può azzardare l’espressione “amore politico”? È quello che fa Papa Francesco nella enciclica Fratelli tutti, intitolando il n.180 “L’ amore politico”. Altri Papi – Pio XI, Paolo VI – hanno espressamente definito carità politica l’attività di operare per il bene comune, in istituzioni sane, gestendo servizi a favore dei cittadini. E l’attuale Papa non manca, dall’inizio del suo magistero, di invitare i giovani a dedicarsi alla politica.
Come decifrare questa forte affermazione?
Il Magistero, in realtà, non ha mai sfuggito il rapporto con la politica, a cominciare da quel preciso invito: “restituite a Cesare quello che è di Cesare e date a Dio quello che è di Dio”.
Le istituzioni dell’impero romano potevano anche essere oppressive, tuttavia San Pietro nella sua prima lettera scrisse: ”State sottomessi ad ogni istituzione umana per amore del Signore: sia al re come sovrano, sia ai governatori come ai suoi inviati per punire i malfattori e premiare i buoni. (…) onorate il re. Domestici, state soggetti con profondo rispetto ai vostri padroni, non solo a quelli buoni e miti, ma anche a quelli difficili” (in latino, etiam discolis).
Inoltre, nella lettera a Timoteo, San Paolo spiega che i superiori devono essere attenti ai collaboratori, ricordando il centurione che prega per il suo servo.
Le istituzioni sono garanzia e scudo per tutti, potenti e popolo. Oggi sembra che questa consapevolezza si sia persa nel volgere del tempo. La contestazione ai vaccini, agli scienziati che assicurano sui risultati della ricerca, ai governi che assumono deliberazioni per proteggere la popolazione, segnala una insofferenza da parte di porzioni di cittadini – minoritarie ma vivaci fino alla violenza – che ritengono limitata la libertà personale dalle regole imposte. È un epifenomeno che ha molti antecedenti ma affrontati senza approfondimenti nel recente passato, quando non con sufficienza, con la sicumera di poterli dominare.
Le istituzioni, e quindi anche la politica, devono riconoscere che l’amore politico è pieno di piccoli e grandi gesti “di cura reciproca, anche civile e politica, che si manifesta in tutte le azioni che cercano di costruire un mondo migliore”. Bella questa indicazione della finalità della politica che, secondo l’enciclica spinge a realizzare grandi obiettivi, con uno sguardo realistico, al di là di interessi di parte. Oggi ci troviamo in una situazione particolare in tal senso, infatti l’attuazione del PNRR ci offre l’occasione per progettare e attuare importanti obiettivi di sviluppo e modernizzazione del Paese. Anzi: ci inserisce in un quadro di cooperazione attiva – aiuti stanziati notevoli – con l’Europa.
Serve una condivisione diffusa anche da parte dei cittadini perché non tutti i risultati si ottengono solo con la mano pubblica. Siamo tutti chiamati a farci carico dei propri doveri per portare la nostra tessera a completare un grande mosaico, l’immagine dell’Italia e dell’Europa nel mondo. Lo strumento principe per esprimere amore per il prossimo è la partecipazione: richiede volontà, tempo e competenza, che deve essere coltivata e acquisita, perché non siamo ‘imparati’, tuttologi. Invece assistiamo al fenomeno della incompetenza divulgata come valore perché è esemplarmente raffigurata da certa classe dirigente. L’opinione pubblica, tuttavia, sta dimostrando di apprezzare la competenza, la prudenza insieme alla fermezza del presidente Draghi ed anche i partiti della maggioranza che lo sostiene, sembra riconquistino consenso. Quindi arriva un messaggio per tentare di ridurre l’astensionismo che, per ora, è ancora il partito maggioritario.
Spiegare e far accompagnare passo passo l’attuazione del Pnrr potrebbe risvegliare l’attenzione dell’opinione pubblica, frastornata dalla bulimia comunicativa sui vaccini e sul toto presidente della Repubblica. Si aspettano idee chiare sulle pensioni, sulle tasse, sulla occupazione.
Su questo fronte ci sono importanti bisogni e deboli risposte. In sanità mancano decine di migliaia di professionisti – dai medici ai tecnici – e siccome per formare un medico servono almeno sei anni e gli interventi strutturali previsti dalla missione 6 del Pnrr hanno la scadenza al 2026, chi occuperà i posti necessari al funzionamento? Le confederazioni degli industriali e degli artigiani segnalano un fabbisogno di manodopera in tutte le specializzazioni per centinaia di migliaia di unità ma manca una forte iniziativa a far incontrare domanda e risposta e soprattutto la nostra organizzazione scolastica si sta preparando a programmare la formazione per i cittadini che entreranno nel mondo del lavoro nei prossimi decenni? Salute e formazione, sanità e cultura sono i pilastri dello sviluppo: il resto segue.