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domenica, Marzo 23, 2025
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Rimettersi in gioco: Mons. Vincenzo Paglia scuote i cattolici

Il nodo da sciogliere, oggi più di ieri, è quello di saper legare in una nuova ed efficace sintesi, come ci insegnavano i grandi leader cattolici del passato, “il pensiero con l’azione”.

Il vescovo Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la vita, ha chiuso un suo recente intervento alla Fondazione De Gasperi sul tema delle “radici cristiane dell’Europa” con due suggestioni perentorie e di grande interesse. Da un lato ha stimolato i cattolici italiani ad elaborare una “Camaldoli per l’Europa” e, dall’altro, a “dar vita ad un nuova cultura politica per una nuova forza partitica”. Due inviti, impegnativi e di prospettiva, che spronano all’impegno diretto e concreto i cattolici. Un impegno culturale, politico e anche e soprattutto di natura partitica. 

Forse è la prima volta che un autorevole e qualificato esponente della Chiesa italiana si esprime con accenti così precisi e dettagliati. Del resto, il vescovo non appartiene a quella schiera di “maestri” della Chiesa che si fermano sempre e solo al prepolitico e che, soprattutto, finiscono per dare indicazioni prive di qualsiasi ricaduta politica e culturale, per non parlare del versante organizzativo. Pur senza mai mettere in discussione il dato, ormai largamente acquisito, del legittimo pluralismo politico dei cattolici.

Ora, sia chiaro, Mons. Paglia non ha dato indicazioni concrete di partito. Ma è indubbio che la necessità di “una nuova cultura politica” si intreccia con l’indispensabilità di dar vita anche ad una formazione politica, laica ed aconfessionale, che sia però in grado di saper interpretare sino in fondo la miglior tradizione democratico e cristiana e farsi carico, al contempo, di quella cultura che da ormai troppo tempo è ai margini nella cittadella politica italiana. 

Ne abbiamo avuto conferma proprio in questi giorni in modo persin troppo plateale. La cosiddetta “piazza per l’Europa” organizzata da Repubblica e da quasi tutto il campo largo, non ha trovato il tempo per citare, anche una sola volta e da parte di tutti i soloni miliardari dello spettacolo e della cosiddetta società civile progressista, il nome di Alcide De Gasperi. O di Robert Schuman. O di Konrad Adenauer. Cioè dei tre, veri, padri fondatori del progetto di un’Europa federalista ed unita dopo il secondo conflitto mondiale. Per non parlare, com’è altrettanto ovvio, della cultura politica che ha permesso il decollo di quel progetto. Cioè la tradizione, il pensiero e la cultura della Democrazia Cristiana. Nulla di tutto ciò per la semplice ragione che i progressisti, quando parlano di Europa e di “spirito unitario europeo”, hanno altri riferimenti politici e culturali. Da Ventotene in poi.

Ecco perché, interloquendo nel dibattito alla Fondazione De Gasperi, il vescovo ha usato parole precise e forti indirizzate al mondo cattolico e a tutti coloro che sentono oggi l’esigenza di ridare un protagonismo politico e progettuale al pensiero democratico cristiano. Seppur aggiornato, rivisto e riattualizzato, com’è persin scontato ricordare. 

Ma il vero nodo da sciogliere, oggi e più di ieri, è proprio quello di saper legare in una nuova ed efficace sintesi, come ci insegnavano i grandi leader e statisti cattolici del passato, “il pensiero con l’azione”. E questo è possibile farlo, però, solo se si abbandono i fasti del prepolitico, della sola testimonianza o della sostanziale irrilevanza all’interno di partiti e contenitori elettorali che coltivano altri obiettivi politici perchè semplicemente rispondono a gerarchie culturali e valoriali lontane se non addirittura alternative rispetto al patrimonio del popolarismo di ispirazione cristiana.

Dunque, una “nuova Camaldoli europea” è il passaggio essenziale, e forse anche decisivo, per ridare qualità e spessore all’impegno dei cattolici nella società politica italiana contemporanea. Appunto, “con una nuova cultura politica” funzionale, però, anche ad una “nuova forza partitica”.