Salvini sbatte dove il dente duole

Gli avvenimenti in Ucraina accentuano ogni giorno che passa l’esposizione filorussa della Lega. La Meloni è forte, ma Salvini resiste: quanto può durare questo strano equilibrio da trapezisti?

Il dente di Salvini che duole è quello che ha cercato finora di azzannare la Meloni per strapparle la leadership dell’estrema destra in Europa. Ma qui l’ambiguità della Meloni sta diventando una sorta di harakiri. L’ambiguità nasce dal voler tenere aperte due prospettive: quella di un ribaltamento di maggioranza in accordo con il Ppe e tutto il resto della destra (della quale la premier italiana sarebbe la leader naturale in una versione più moderata); e quella, altalenante e confusa, che resistendo alla contaminazione con la destra estrema propende verso l’alleanza in primis con i socialisti e quindi con le altre forze europeiste.

Gli avvenimenti in Ucraina stanno facendo luce su questa ambiguità – nei fatti prima che nelle intenzioni – accentuando ogni giorno che passa l’esposizione filorussa di Salvini. Ciò rende debole in Europa la nostra posizione: stiamo tornando a grandi passi all’immagine di un’Italia come osservata speciale. Ora, a modo suo, la Meloni cerca di scrollarsi di dosso l’imgombro dell’irriquieto ministro del Papete, ridimensionandolo e se possibile favorendo un ricambio nella Lega. Nasce di qui, anche per fare spazio alla concorrenza ai danni di Salvini, l’opposizione al terzo mandato. Infatti, svincolato dagli affari regionali, Zaia sarebbe il candidato più accreditato alla successione in Via Bellerio.

Ora, l’attenzione guadagnata dal governatore veneto si accompagna allo scontento della base per la scelta di fare della Lega un soggetto nazionale, a sfondo radicale e populista, lontano dall’impronta “padana” delle origini. Ciò nondimeno, l’opposizione anti-salviniana si nutre anche di quel sentimento antifascista per il quale Bossi arrivò nel ‘96 allo scontro con lo stesso Berlusconi.

Insomma, per la Meloni le insidie sono molte. La sveglia sarda non evidenzia solo l’errore nella scelta del candidato alla presidenza della Regione, un sindaco (Paolo Truzzu) tanto poco amato, come s’è visto, dai suoi concittadini cagliaritani; ma pone, ben più seriamente e gravemente, la questione di come una destra così segnata da contraddizioni sia in grado di salvaguardare il ruolo dell’Italia nel contesto dell’Unione europea. La Meloni è forte, ma Salvini resiste: quanto può durare questo strano equilibrio da trapezisti? Non basta rassicurare l’elettorato con la declamata solidità della compagine di governo se poi, in concreto, questa si riduce al solo cemento del potere.