12.7 C
Roma
mercoledì, Febbraio 12, 2025
Home GiornaleSe la Nato entra in campagna elettorale

Se la Nato entra in campagna elettorale

Fanno discutere le recenti dichiarazioni di Stoltenberg e quelle di Tarquinio. Il dibattito sul ruolo della Nato è comunque essenziale per affrontare le nuove sfide che si affacciano all’orizzonte.

Non deve stupire il fatto che il tema della Nato sia entrato nel dibattito politico mentre è in corso la campagna elettorale. Non solo per l’attualità, per i conflitti in corso, ma soprattutto perché la democrazia, e dunque anche il periodico e inderogabile ricorso a libere elezioni, costituisce un requisito indispensabile degli Stati che aderiscono al Patto Atlantico. Il fatto che vi sia un dibattito su questo tema già di per sé depone a favore della attualità di una alleanza politica e militare che in 75 anni di storia ha attraversato epoche diverse – dal mondo bipolare e della guerra fredda, al “momento unipolare” americano –  e che ora deve affrontare la sfida di un mondo caratterizzato da un nuovo multilateralismo, che necessita di adeguate riforme della governance globale come alternativa a un multipolarismo muscolare e carente di regole comuni.

Negli ultimi giorni in particolare hanno tenuto banco due dichiarazioni. Quella del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg all’Economist e quella dell’ex direttore dell’Avvenire Marco Tarquinio alla tv La 7.

Stoltenberg, ormai prossimo al termine del suo mandato, aveva adombrato la possibilità di una revoca delle restrizioni sulle armi che l’Ucraina riceve dall’estero in modo da consentire di usarle contro obiettivi militari sul territorio russo da cui partono gli attacchi. Una proposta che ha visto prevalere la contrarietà di buona parte dei Paesi membri Nato (ciascuno dei quali regola con accordi bilaterali l’invio di armi all’Ucraina) a causa dei rischi di escalation del conflitto a cui esporrebbe l’Europa. E tuttavia in Italia le parole dell’ex premier norvegese hanno alimentato il confronto, non senza qualche eccesso di semplificazione per febbre da consenso, tra i diversi punti di vista. Un dibattito che sembra però avvitarsi intorno alla sola questione delle armi proprio nel momento in cui inizia a emergere in Occidente anche la consapevolezza di dover avanzare una proposta pragmatica di negoziato, rilanciata autorevolmente ieri dall’amb. Stefano Stefanini sulle colonne, al di sopra di ogni sospetto, de La Stampa, per “mettere fine alla guerra senza darla vinta alla Russia”, che contempli in sostanza un cessate il fuoco sulla linea attuale del fronte in cambio dell’entrata in UE e Nato dell’Ucraina e della rinuncia della Russia a ogni ulteriore mira. Una proposta che scontenta entrambi i belligeranti e che per questo potrebbe avere qualche chance.

Le affermazioni di Tarquinio, ora candidato  indipendente nelle liste del Partito Democratico alle Europee, hanno ulteriormente infiammato il dibattito perché hanno toccato due questioni cruciali: l’attualità della Nato e un rapporto più equilibrato fra Stati Uniti e Unione Europea. Tarquinio ha evocato la possibilità dello scioglimento della Nato per raggiungere “un’alleanza nuova e tra pari, tra Europa e America”. Una chiara provocazione, una wild card elettorale, come l’ha definita Il Foglio, ma che offre l’occasione per riflettere sulla necessità di rafforzare il pilastro europeo del Patto Atlantico attraverso un maggiore coordinamento degli eserciti dei Paesi membri dell’Ue, secondo il principio di sussidiarietà in funzione di una difesa comune europea.

Un processo che per dare i frutti sperati non potrà però vedere le due sponde dell’Atlantico arroccate di fronte al cambio d’epoca in corso ma capaci di interpretare il cambiamento. Perché, come ha affermato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, alla conferenza  internazionale della Sioi pei i 75 anni della Nato, davanti ai 32 ambasciatori rappresentanti permanenti presso la Nato, il 16 aprile scorso, la sfida della Nato è quella fra chi pensa che il mondo ha bisogno di regole e chi pensa che il mondo si può gestire con la legge del più forte. Si avverte “la necessità che la Nato diventi sempre di più soggetto politico – ha detto Crosetto – capace di aggregare anche al di fuori della Nato. A guardare nei Brics quelli che sono gli interlocutori perché possono parlare la nostra stessa lingua e la nostra stessa visione del mondo, per non accettare la suddivisione del mondo, fatta da altri, in cui chi è fuori dalla Nato è nemico della Nato, o chi non è Occidente è nemico dell’Occidente”.

Il dibattito in corso sul ruolo della Nato, pur con i toni e le forzature tipici da campagna elettorale, potrà esser comunque proficuo se saprà misurarsi con il nuovo scenario che si sta delineando in Europa e nel mondo, in continuità con i valori per i quali è sorta e si è sviluppata nel tempo l’Alleanza atlantica.

Lo spirito delle origini del Patto Atlantico appare quanto mai attuale in un mondo alla ricerca di un nuovo equilibrio da costruire insieme attraverso la comune “fede negli scopi e nei principi dello Statuto delle Nazioni Unite”, come proclama il preambolo del Trattato di Washington del 1949. Uno spirito da recuperare e far valere in sede Onu anche al prossimo Vertice per il Futuro di settembre per costruire quel Patto per il Futuro che faccia riscoprire alle nazioni del mondo la comunanza di valori e di destino che li lega oltre i conflitti in corso.