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giovedì, 12 Giugno, 2025
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Se manca il Centro, vince la radicalizzazione

L’assenza di una proposta riformista credibile, alimentata da una robusta cultura di governo, si riflette in un confronto fortemente polarizzato. La sfida è costruire un’alternativa che sia percepita come autorevole e incisiva.

C’è un tassello, come si è sostenuto giustamente su queste colonne, che manca all’appello nelle svariate valutazioni e nei molteplici commenti dopo il risultato, alquanto chiaro, del referendum di domenica e lunedì. E mi riferisco, nello specifico, all’assenza politica e culturale del Centro e di tutto ciò che è anche solo lontanamente riconducibile alla cultura, alla tradizione e alla prassi centrista. Lo si evince sia dalla gestione di tutta la partita referendaria e sia, e soprattutto, nei commenti che hanno fatto seguito al voto sui referendum. E questo per due ragioni di fondo.

Pesa lassenza di un Centro riformista e di governo

Innanzitutto i promotori del referendum e quelli che hanno sposato e condiviso quella piattaforma politica hanno condotto una battaglia all’insegna della più violenta e spietata radicalizzazione del conflitto politico. Tutto era indirizzato, al di là delle chiacchiere e della propaganda, “contro” il Presidente del Consiglio e la sua maggioranza di governo. Era una sorta, come è già stato ampiamente e ripetutamente detto e sottolineato, di referendum nel referendum. Tutti, adesso, ne conosciamo i risultati concreti ed elettorali. Una politicizzazione del tutto fuori luogo che non ha prodotto, tra l’altro, alcun risultato concreto.

Sul fronte opposto, quello della maggioranza di governo, la gestione del referendum e anche i commenti successivi sono stati più contenuti e misurati per la semplice ragione che, non partecipando alla gara, era perfettamente inutile avventurarsi in una avventura fatta di insulti, invettive, scomuniche e attacchi personali e politici.

Un quadro senza un’alternativa credibile

Ma quello che maggiormente preoccupa ed inquieta sotto il versante della qualità della democrazia sono i commenti sul post referendum. Come se non fosse capitato nulla, da un lato si è rivendicato un successo politico ed elettorale sempre più misterioso – soprattutto da parte del campo largo o dell’ex campo largo – e, dall’altro, si pensa di avere ottenuto un successo insperato, frutto di una grande rendita di posizione per il massiccio ed insindacabile astensionismo. In entrambi i casi abbiamo nuovamente, e per l’ennesima volta, assistito alla riproposizione di una persino violenta ed irresponsabile radicalizzazione del conflitto politico. Riproponendo, infatti, quella contrapposizione che era e resta nefasta per la qualità della democrazia, per la credibilità delle istituzioni democratiche e per la stessa mission di una politica rinnovata e non solo urlata o sguaiata.

E, quello che più conta, è che proprio l’assenza di una “politica di centro”, e forse adesso anche di un credibile e sempre più necessario luogo politico centrista e riformista, genera uno scontro che non è più utile neanche per rilanciare la partecipazione elettorale. Perché se continua a mancare una posizione autenticamente riformista, a farne le spese è anche il decollo di un progetto politico che sia in grado di declinare una vera e propria cultura di governo. Fuorché si pensi, seriamente, che il nostro futuro è ancora una volta affidato al confronto tra una sinistra radicale, estremista, massimalista ed ideologica da un lato – come quella che ha gestito e patrocinato gli ultimi referendum – e, dall’altro, una destra che accarezza ancora troppi accenti radicali ed oltranzisti.

Per queste ragioni, semplici ma oggettive, la vera sfida politica, culturale e programmatica resta oggi quella di costruire un progetto politico riformista, democratico e con una chiara e spiccata cultura di governo. Una presenza, spiace dirlo, oggi radicalmente assente nello schieramento di sinistra e progressista e ancora troppo debole e timida all’interno dello schieramento alternativo. È giunto il momento, anche e soprattutto dopo il risultato e la concreta gestione di questi referendum, di porsi il problema e di cercare di dare una risposta politica convincente, credibile e realmente percorribile.